Spesso ricevo email in cui mi viene chiesto come amare qualcuno.
Se fai quello che gli altri vogliono, più che amare, stai assecondando le loro richieste, spesso per la paura di perderli se dirai di no (ma è essenziale imparare a dire di no!).
Se dici di “no”, ti accusano di essere egoista, anche se dici mille “sì”, al primo rifiuto finisci tra i “cattivi”.
In sostanza, come fai sbagli.
Come amare allora?
Quando è amore vero?
Ecco allora che ti svelo un segreto per amare gli altri davvero. Che lo capiscano oppure no.
Anche se sembra l’opposto di quel che consideriamo corretto, se vuoi davvero aiutare e amare qualcuno non devi interessarti a questa persona.
Sì, mi spiego meglio 😀
Come amare senza interessarti agli altri
Quando diciamo di essere interessati a qualcuno ci sono due possibilità: siamo interessati perché ci guadagniamo qualcosa, perché quella persona fa parte della nostra vita, ci fa stare bene, ha un legame speciale con noi.
Oppure, in pochissimi e rari casi, ci interessa la sua felicità e basta.
E occhio, quasi sempre pensiamo che sia così e non lo è affatto!
Se fai il mio test sulle relazioni potresti capire molte cose.
Essere interessati alla felicità di qualcuno, senza un vantaggio personale, significa che io sto bene anche se quella persona sta male.
Non vuol dire che non mi importa che sta male, anzi, poiché desidero la sua felicità a me dispiace che non sia felice, ma io posso stare bene ugualmente.
Se la tua felicità dipende da quella di alcune persone, allora immancabilmente il tuo interesse per loro dipenderà dal fatto che ti fanno stare bene.
In sostanza tu vuoi la tua felicità, e la loro ti interessa solo perché ti fa arrivare alla tua.
In questo senso siamo interessati agli altri: ci servono per stare bene.
E spesso le persone mi dicono che non possono stare bene se non sono felici coloro che amano.
Sembra paradossale, ma così non amiamo affatto chi diciamo di amare.
Ma le “usiamo” per arrivare alla nostra felicità, dal momento che dipende dal loro benessere.
Loro stanno bene? Tu sei felice.
Loro stanno male? Tu non sei felice.
Se siamo così coinvolti dalla felicità degli altri, così egoisticamente direi, non possiamo amarli dal momento che perdiamo libertà, lucidità, equilibrio e saggezza.
Per quale motivo un chirurgo non può fare un operazione su un parente stretto?
Perché non avrebbe quella indipendenza, quella serenità di agire con lucidità per via del coinvolgimento.
Se dal mio benessere passa la tua felicità, quando starò male tu starai male.
Ora vorresti che l’operazione chirurgica la facesse una persona serena, o una persona nervosa e ansiosa?
😀
Quando stai male per il malessere degli altri, non sei più una persona serena.
Manca l’equilibrio da cui capire cosa davvero serve a loro, come aiutarli, come consigliarli.
Se siamo interessati agli altri per guadagnare la nostra felicità, daremo consigli, suggerimenti, aiuto che vanno, inevitabilmente, nella direzione di quel che pensiamo sia meglio. Per noi.
Potresti consigliare una soluzione che ti allontana da quella persona?
Magari capisci che è la cosa giusta, ma ci vai di mezzo tu.
Se non togli prima il tuo benessere di mezzo, non amerai gli altri, non aiuterai loro, ma te.
Così come un’infermiera non può curare una persona malata di un morbo contagioso senza esserne immune, così nessuno di noi può amare e aiutare davvero gli altri senza essere prima immuni dalla loro sofferenza.
Se il malessere degli altri può “contagiarti”, non potrai amarli, non potrai aiutarli.
L’indipendenza emotiva di cui parlo spesso, è il “vaccino” contro la sofferenza.
Arrivarci significa diventare immune al malessere degli altri, e a quel punto puoi avvicinarti a loro.
A quel punto puoi aiutarli davvero perché la tua felicità non è più in pericolo.
Così come non lo è la salute dell’infermiera vaccinata che cura il malato contagioso.
A quel punto ti interesserai davvero agli altri, per loro.
Non più per te.
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Vuoi vaccinarti contro la sofferenza?
Come detto, è l’unico modo con cui puoi davvero amare gli altri, davvero avvicinarti a loro senza paura.
Per questo ho creato un programma di allenamento che in meno di 20 minuti al giorno ti aiuterà a vaccinarti contro ogni sofferenza. Ti interessa?
Provare dispiacere è un’emozione negativa. O no?
Dipende.
Cosa intendi con dispiacere”?
A me dispiace che qualcuno non sia felice, ma questo non mi fa stare male.
Lascia stare le parole, guarda alla sostanza 🙂
Se non ci si intende sul significato delle parole non ci si capisce. Ok quindi dispiacersi non provoca emozioni negative…
O forse dipende da quanto ti dispiace…
Pensa che sul dizionario dispiacere è senso di amaro e penoso sconforto o rammarico etc…
Quindi tu ti dispiaci ma sei felice lo stesso con lo stesso grado e pienezza di quando non ti dispiace.
Per me dipende da quanto una cosa ti dispiace. E il quanto ti dispiace dipende da quanto quella cosa è importante per te.
Se leghi alla cosa la tua felicità, è ovvio che soffri.
Se ci fai caso, torna sempre tutto qui 🙂
Vero. Ed è tutto qui: intrinsecamente possibile essere felici a prescindere da quello che ci circonda? Se dici mi dispiace ma, sei felice… C’è qualche incongruenza. Oppure sono io che non colgo la differenza fra il sentimento dispiacersi e il sentimento felicità?
Sì, puoi essere felice a prescindere da cosa accade.
In fondo stiamo male a prescindere da cosa accade: l’emozione non dipende mai dalla realtà.
Ma provare dispiacere allora cosa vuol dire per te?
L’ho già scritto 🙂
dove? 🙁
In questo commento qui sopra 😀
il grado di dispiacere può essere diverso a seconda dell’importanza che ha quella cosa o meglio quella persona per te. Se a non essere felici fossero un estraneo e tuo figlio proveresti lo stesso grado di dispiacere per entrambi?
E questa importanza dipende da quanto la consideri determinante per la tua felicità.
Importante significa che ti uso e che mi sei utile.
Non importa se è un figlio: se lo usi per stare bene non lo amerai comunque, ingannandoti di farlo, in ossequio alle menzogne che la nostra cultura ci indottrina a seguire sin da piccoli.
Ama, senza condizioni, senza volere nulla in cambio (neanche di essere amata) e poi ne riparliamo 🙂
Giacomo metti al mondo un figlio guardalo soffrire o gioire dimmi come questo ti fa sentire (se sei sano equilibrato e non hai bisogno di avere un figlio per sentirti completo ma semplicemente lo ami) e poi ne riparliamo
Mi sentirei in base a come vivrei la sua gioia o la sua sofferenza.
Non per queste, ma per il senso che gli darei 🙂
se lo vedi piangere, soffrire, stare male, che senso vuoi dargli? Se lo vedi stare bene, crescere sano forte felice, che senso vuoi dargli? 😀
Proprio stando male spesso cresciamo, capiamo, diventiamo forti.
Secondo me non puoi aiutare mai qualcuno se non puoi stargli accanto, serena, mentre piange.
Se la sua sofferenza è il tuo problema, allora non potrai aiutarlo e non potrai permettergli di imparare da quel dolore.
Lo avevo scritto proprio qui sopra ripensandoci… ma tu leggi e poi mi chiedi se penso quello che ho scritto? 😀
Da ora in poi, nei commenti, non chiedermi se penso quello che ho scritto, chiedimi come aiutarti a sperimentarlo anche tu 😉
😀 di solito leggo e poi scrivo di getto xché penso che poi se no mi passa di mente. Quindi sarà bene che d’ora in poi rilegga con ancora più attenzione e dia x ovvio che quel che scrivi è già la tua risposta definitiva.
Ti chiederò volentieri come aiutarmi.
Ecco, ad esempio, un’altra mia regola che sapevo ma di cui mi rendo pienamente conto solo adesso: non accetto l’idea che la sofferenza sia la vera via per la felicità non lo trovo giusto.
Se piangi se soffri se stai male non puoi essere felice.
E pensare che x essere felici si debba necessariamente passare da uno stadio di sofferenza è una cosa, un’idea o più facilmente una realtà che trovo ingiusta e “dispettosa”… È come invitare qualcuno ad un banchetto e dirgli ah però no non puoi mangiare finché non sarai stremato e starai per morire fame 😀 mi viene da dire mma va a quel paese te e il tuo banchetto! 😀
E chi lo dice?
Questa regole secondo me è sbagliata.
Se è vero che puoi arrivare a capire la felicità dopo aver sofferto, vero anche è che puoi farlo senza aver sofferto.
E a ogni modo chi ti obbliga a partecipare al banchetto?
Il banchetto è la vita. Nessuno mi obbliga ma l’alternativa è il suicidio.
Che la sofferenza aiuti a crescere lo dici tu.
A qualsiasi condizione, la vita è sempre la scelta migliore secondo me.
A ogni modo avevo anche scritto che la sofferenza può aiutare a crescere, dipende sempre e solo da noi.
che possa aiutare a crescere sì, ma infatti io dico che è vero, ma che mi dà fastidio come mi darebbe fastidio essere invitata ad un banchetto ma dover pagare un conto non pattuito prima… Cioè prima mi inviti mi dici è regalato e poi mi presenti il conto? e pure salato?? 😀 E’ chiaro che poi quando assaggi il “ben di Dio… appunto” che c’è nel banchetto sei anche disposto a pagare dei prezzi, qualsiasi prezzo ecco, tante volte mi dico avrei la forza se fossi al posto di altri tanto più sfortunati di me e per cui ho un’ammirazione sconfinata, proprio per la forza e il sorriso con cui riescono a vivere situazioni che nessuno augura a nessuno? Quando è troppo è troppo dico io guardando dall’esterno. Ma poi quando tocca a te, quel che ti sembrava insopportabile visto dall’esterno, magari trovi la forza di sopportarlo. La capacità di adattamento dell’essere umano questo forse è il mistero che mi sorprende ogni volta. Come si cambia per non morire, cantava qualcuno. 🙂
Semplicemente… grazie!
Partiamo da un presupposto. L’essere umano è per sua natura intrinsecamente egoista. Egoista in senso buono. Non può che essere così se vuole sopravvivere. E infatti se smette di esserlo prendendo le vie sbagliate sta male, impazzisce. Anche Madre Teresa di Calcutta, dicevo alle mie compagne di scuola, è egoista. Tutti si scandalizzavano. Ma è così. E Giacomo con la sua teoria lo conferma. Lui sostiene infatti che l’unica cosa che vogliamo è essere felici. E l’unico modo per esserlo davvero è amare incondizionatamente. Amare quindi diventa l’unica pretesa ammissibile, perché in assenza d’amore è impossibile essere davvero felici. Quindi alla fine amiamo per noi stessi, per essere felici noi.
Detto questo, quando siamo davvero interessati agli altri, siamo interconnessi e, a seconda di quanto siamo interessati stiamo più o meno male. L’intensità del sentimento è proporzionale all’intensità dell’empatia che proviamo per il loro malessere. Se però siamo davvero interessati a loro e al loro benessere il nostro malessere la nostra empatia non ci impedirà di prendere decisioni o di aiutarli a prendere decisioni anche se queste saranno in contrasto con il nostro interesse e con il nostro personale benessere. Se il mio compagno sta male e mi rendo conto e continuo ad avere chiari segnali che sta male o starebbe meglio senza di me, io sarei disposta a farmi da parte. In tempi in cui ancora non ero venuta in contatto con questo bel sito, mi era capitato di dirgli o scrivergli ti amo così tanto che voglio che tu sia felice fosse anche senza di me. Perché una qualsiasi altra scelta sarebbe fasulla e comunque non farebbe stare bene te, e non farebbe stare bene me. Io sceglierò affinché tu sia libero di stare bene. A me penserò dopo.
Così se la felicità di mia figlia me la portasse lontano, se io sapessi che lei così sarebbe più felice io lo sarei anche se a me personalmente, per il mio benessere, farebbe più piacere che lei vivesse vicino a me. Così se vedessi che stesse male non potrei soltanto essere dispiaciuta. Mi dispiace se mi si smaglia una calza… ma se qualcuno che amo sta male, il sentimento del dispiacere è troppo tiepido per definire quel che sento.
A volte mi sembra che il distacco emotivo che si pretende di indicare qui sia di un tepore che se non è indifferenza, gli si avvicina parecchio. Se mia figlia sta male io sto male, soffro. Ma so che per aiutarla devo mettere da parte il mio malessere. So che devo ritrovare la tranquillità emotiva, la lucidità, per trasmetterle tranquillità e positività. Ritrovarla o anche darla a vedere anche se dentro sto male, darle la sensazione che tutto andrà bene anche se dentro di me sto male. Ed è qui che sta la maturità, e il desiderio di donarsi, mettendo da parte il nostro benessere. Tu stai male, e io sto male, ma non è che ti aiuto perché poi così starò bene anche io. Io ti aiuto perché voglio che tu stia bene a prescindere. Amore disinteressato. Se fossi messa nella condizione di scegliere fra il benessere la felicità di mia figlia e la mia, è la sua che sceglierei, anche se dovessi essere infelice per tutta la vita. Perché sono connessa a lei, che io lo voglia o no. Così come darei la mia vita per la sua. Penso di non essere l’unica.
Per questo, in tutto quel che ho letto fin’ora, compreso il bel libro Indipendenza emotiva che mi sto accingendo a ripassare, non riesco ad essere d’accordo sul concetto di amore come di una scelta che ha un solo grado di intensità. Per certi versi capisco che o è amore o non lo è. Capisco e condivido totalmente l’idea dell’essere incondizionato, senza riserve. Non riesco a condividere il discorso dell’unico livello di intensità. Io sento di voler bene o di amare se vogliamo usare questo termine univoco, alcune persone in modo più intenso, o con un coinvolgimento emotivo più profondo rispetto ad altre. Intendo dire: io posso anche avere un’attitudine, posso predispormi e avere un atteggiamento di amore di trasporto emotivo anche per il mio vicino di casa, o per qualsiasi essere vivente, ma come posso pensare che sia lo stesso sentimento che provo per mia figlia, che sia lo stesso sentimento che provo per il mio compagno?
Posso avere un atteggiamento di apertura di sensibilità di comprensione di empatia che sono tutti sentimenti che riconducono all’amore per tutte le persone con cui mi relaziono. Ma è diverso dire vivo predisposta a relazionarmi con questi sentimenti in tutto quel che faccio nella mia vita, dal dire amo tutti con lo stesso livello di intensità perché l’amore non si misura. Quel che provo per le persone a me più vicine avrà un’intensità maggiore rispetto al mio pur carissimo vicino di casa. O no?
Io credo che il problema stia nel ritenere l’amore l’unica pretesa lecita.
Ogni pretesa porta con se sofferenza e non ci può essere sofferenza se ami veramente.
Amare senza pretenderlo significa che qualunque cosa accadrà a chi amo non mi farà soffrire. Proverò dispiacere, magari anche dolore, ma la sofferenza è un’altra cosa.
Mentre soffro sono impotente, nel dolore invece posso agire ed essere felice e grato nello stesso momento.
Se pretendo di amare accade quello che dici, metto al centro qualcosa o qualcuno perché è li che delego almeno una fetta della mia felicità. E se non sono felice inevitabilmente soffro.
Amare non è agire per il bene di quella persona mentre soffro io. L’amore è illimitato e bagna tutti allo stesso modo mentre amo, me compreso. Se soffro investo tutto in quella relazione perché dal benessere dell’altro dipenderà la mia felicità, così anche nella sofferenza lotto per arrivarci.
E’ vero che le relazioni hanno pesi diversi, ma non è l’intensità dell’amore a cambiare, quanto tempo ed energie che investiamo ad amare nelle relazioni a cui diamo priorità dettate dai fattori più svariati.
L’intensità con cui amo un figlio, non sarà diversa da quella con cui amo un estraneo, solo se tolgo di mezzo la pretesa eliminando definitivamente la mia possible sofferenza 🙂
Serena?
Concordo pienamente con questo tuo commento.
E vorrei condividere con voi una mia riflessione che facevo in questi giorni proprio sul argomento amore egoismo e il fatto che in fondo se amo è perchè voglio essere felice quindi sono egoista.
Sinceramente penso che questa affermazione non è corretta.
Dove c’è amore non può esserci egoismo e il sano egoismo non esiste, e come quando ho paura, mica esiste una sana paura, la paura è paura, se ho paura non riesco ad amare. Può esistere una paura consapevole che proprio attraverso questa consapevolezza inizio a lavorarci per liberarmene. Stessa identica cosa con l’egoismo.
La verità è che se amo percepisco di essere in sintonia con la natura se non lo faccio mi separo da essa. Ed è proprio questa separazione che mi crea malessere e di conseguenza reagisco con paura ed egoismo, i quali se non blocco immediatamente ritornando in sintonia con la natura e quindi con l’amore, inizio a diventare debole e di conseguenza inizio anche a pretendere perchè io sono restato accorto di forze proprio a causa della paura e l’egoismo.
Quindi dire che amo per essere felice dal mio punto di vista è sbagliato. Io amo perchè solo così resto in sintonia con la natura e questo non è egoismo ma seguire la nostra vera natura che proprio perchè è vera non può che rendermi felice. ?
In una poesia attribuita a Chaplin ho letto: che quel che la gente chiama “sano egoismo” (concordo con te che è illusorio) in realtà dovrebbe essere “amor proprio”. Amarsi. Ed è diverso, anche se spesso sembra simile 😉
Condivido pienamente e credo che l’amor proprio sia soltanto l’amore che do in modo illimitato che bagna tutti nello stesso modo. Bagna me mentre bagna tutto il resto 🙂
amor proprio va bene. E’ vero, non mi ero mai curata di leggere l’esatta definizione del termine egoismo. Ma in fondo, sapendo comunque che avesse di per sé una connotazione puramente negativa, diciamo che definendolo buono va da sé che lo assimilassi per estensione al concetto di amor proprio. Improprio quindi da parte mia aver sempre parlato di egoismo buono.
Trovo che quello che affermi riguardo alla natura abbia molto a che vedere con la teoria della separazione di Fromm che condivido per molti aspetti 🙂
Non possiamo vivere senza amore in quanto abbiamo perso il senso originario della nostra appartenenza alla natura, per cui lo dobbiamo ricercare con la ragione nell’unirci ad essa. Il motivo è per sentire di avere un senso, dobbiamo tornare a far parte di quell’unità che ci includeva e che ora possiamo ricreare solo con l’amore incondizionato che coinvolge ogni cosa con perfetto equilibrio.
Amare è l’unico modo per diventarne parte integrante e sentici immersi in quella stessa unità 🙂
Più o meno ?
Diciamo che c’è molto di più e quel più si iniza a comprendere quando non si cerca di trovare un senso in ogni cosa e per trovarlo uso l’amore pensando che la risposta è solo nel dare e mai nel ricevere. Quando in realtà tutto parte da un immenso amore (spirituale) che mi ha insegnato ma soprattutto mi ha fatto e mi fa sentire amata, così che a mia volta ho tutta la forza necesaria senza dubbi e sforzi di donare altrettanto amore. La vera natura è un dare e un ricevere che non ha bisogno della ragione che si ritrova a mettere solo limiti per paura di perdere l’equilibrio, ma del silenzio per lasciarsi amare per poi donare all’infinito. ❤
Ovvio, dove metto un limite, in quel punto finisce l’amore e inizia la paura 😉
Possiamo spostarli fino ad arrivare all’infinito, man mano che facciamo crescere la nostra forza di amare 🙂
Ciao Serena,
amare è l’unica via per essere felici? Se questo è vero, le due condizioni sono vincolate. Pretesa come sinonimo di esigenza. Potremmo essere felici in assenza d’amore? No, mi pare. E allora io posso anche non pretenderlo, perché pretendere qualsiasi cosa, anche amare, me la fa paradossalmente allontanare, hai ragione. Ma allora diciamo l’unica esigenza ammissibile? Poi io posso anche non esigere, ma mi sembra che sia imprescindibile di per sé, che io lo pretenda oppure no.
La sofferenza può non renderti impotente se sai che il provarla oggi è l’unico modo per poter stare meglio domani. Ma se chi amo soffre finché soffre io non potrò essere felice, potrò farmi forza, cercare comunque serenità e motivarmi, cercare soluzioni, ma se so di poter fare qualcosa per alleviare la sofferenza di chi amo, lo farò, non potrò non occuparmene, disinteressarmene ed essere felice qualunque cosa gli/le accada, tanto meno nei casi in cui la sua sofferenza dipendesse in parte almeno da me! Io ho amato mio padre mentre lo accudivo notte e giorno in ospedale, e lo amo ancora dopo 25 anni dalla sua morte, ma mentre lui soffriva io soffrivo. Non amavo?? Certo che sì!
Questa metafora dell’amore come di una pioggia che bagna tutti mi sembra inappropriata. E’ come se l’amore fosse un oggetto esterno a noi che agisce a prescindere da noi. Posso dire che la mia capacità d’amare e la mia predisposizione ad agire con amore è illimitata e può essere diretta a tutti e tutto. Ma non credo che la sofferenza sia assenza d’amore. E credo che se certe relazioni sono più strette di altre automaticamente l’intensità dell’amore che provo cambi, e / o che la diversa intensità determini il diverso peso delle varie relazioni. I pesi di cui parli tu, cosa sono?
Un’altra domanda: quali sono i fattori che mi fanno scegliere di vivere e condividere il letto e tutte le mattine e le sere della mia vita con una persona PIUTTOSTO che un’altra?
Dunque, andiamo con ordine 🙂
Per prima cosa io sostituirei i termini “pretesa” ed “esigenza” col il termine “scelta”, come del resto dici tu stessa nel commento in risposta a Giacomo.
Scegliere è nelle tue mani, quindi non ha senso esigere ne pretendere 🙂
Poi, credo che sia importante distinguere tra sofferenza da una parte e dolore e compassione dall’altra.
Posso essere felice mentre provo dolore vedendo stare male chi amo.Posso immedesimarmi e “sentire” il suo dolore, ma senza subirlo e restare lucido e sereno al punto da poter intervenire nel modo più appropriato. Il suo dolore non comporta la perdita della mia felicità, nemmeno temporanea. Non soffro perché lui sta male, ma sento dolore per lui mentre io resto felice.
Intendiamoci, potrebbe essere esattamente quello che tu hai provato nei confronti di tuo padre. Solo tu lo puoi sapere 😉
E una distinzione importante è anche quella tra disinteresse e stato di lucidità. Se amo sono interessato e lucido nell’azione, se dipendo sono interessato, ma trascinato dalle mie pretese (dal mio bisogno).
Quanto alla metafora, pensa a una rosa. Dona il suo profumo a tutti nello stesso modo e lei stessa ne è immersa. Questo è quello che intendo dicendo che bagna tutti allo stesso modo. Come se avessi acqua tra le mani (il tuo amore) e lo lanciassi in alto. Bagnerebbe te e chi c’è intorno. E in fondo non è diverso da quello che dici 😉
Il peso che intendo io è l’equivalente dell’importanza che do a una relazione. Amo con la stessa intensità, ma investo più tempo ed energie nelle relazioni che ritengo importanti. Quando amo, amo chi amo allo stesso modo di un altro, la profondità/intensità/forza con cui lo faccio non è diversa.
In base a cosa do importanza alle relazioni? Gli do importanza o a secondo di situazioni contingenti che richiedono che io stabilisca una priorità (un figlio, un debole o un bisognoso ad esempio), o a secondo di chi sento risuonare profondamente con me stesso. Lui, nella sua unicità che risuona profondamente con la mia. Perché? Perché questa è la persona con cui l’unione di intenti saprà permettermi di esprimere al massimo il mio potenziale per donarlo al mondo, dando il senso più compiuto alla mia stessa esistenza 🙂
Grazie Serena,
forse per certi versi sono due modi diversi, parole diverse, per esprimere lo stesso concetto di base. Certo quando io ero con mio padre e lo vedevo soffrire, non mostravo a lui il mio dolore, il mio stare male per lui, sorridevo, cercavo di fargli forza, ma uscita dall’ospedale sfogavo il mio pianto. Quindi mantenevo la mia lucidità con lui, pur soffrendo mentre la mantenevo, ma non mi lasciavo dominare dalla mia sofferenza, non volevo piangere e riuscivo a contenermi per il suo bene. Guarda caso non appena sapevo che il mio piangere non lo avrebbe potuto ferire, una volta fuori dalla sua camera, non riuscivo a contenere il mio pianto, in realtà sceglievo di non contenere la mia sofferenza, sentivo che era meglio per me sfogare la mia sofferenza, il mio dolore in un pianto.
Ecco, quando parli di persona che risuona profondamente dentro di te. Finalmente qualcosa che ricorda l’idea dell’INNAMORARSI dell’INNAMORAMENTO. L’innamoramento descritto da Giacomo sembra la cosa peggiore che ti possa capitare.
Non l’ho scritto a commento di quella news letter. Lo scrivo qui. Io quando mi sono innamorata non è che volessi la persona sempre e solo per me, non è che stessi male se era in compagnia di altri, non è che stessi male in sua assenza. Queste sensazioni, che sono fra quelle elencate da Giacomo nella news letter che spiega la differenza fra innamoramento e amore, mi sembrano più ossessione che sfiora il patologico, che non innamoramento, o cmq possessivismo estremo.
Il tuo parlare di una persona che sento risuonare profondamente con me stesso coincide con quello che io definisco essere innamorati di qualcuno. C’è differenza? O sono solo due modi diversi per esprimere lo stesso concetto?
Potrebbe trattarsi solo di una questione di termini, sono d’accordo con te. Vale per il discorso su tuo padre e vale per quello dell’innamoramento.
Su quest’ultimo, fai conto che l’estremizzazione di Giacomo serve a mostrare in modo evidente ciò che può avvenire, ma è chiaro che i “sintomi” dell’innamoramento (che può facilmente portare a dipendenza) possono avere numerose sfumature intermedie. Ed è chiaro anche che stadi intermedi tra innamoramento e amore possano esistere a secondo della forza di amare e dell’indipendenza emotiva di chi ama o pensa di farlo.
Quello che è certo è che solo se si è emotivamente indipendenti si è in grado di riconoscere il confine tra amore e innamoramento e capire sopratutto dove finisce la sintonia e inizia il bisogno 🙂
Quindi se io sento di stare male per il fatto di non poter vedere la persona con cui sento di essere entrata in sintonia, la mia sofferenza per la sua assenza dalla mia vita è indice di attaccamento emotivo? Ed è anche indice di assenza di sintonia vera, di amore vero?
Suppongo proprio di sì 😉
E’ una rivoluzione difficile…. com’è possibile, ci si dirà, se mi manca è perché quella persona la vorrei qui, è perché vorrei sapere come sta, è perché mi interessa interagire con lei, condividere il mio tempo con lei, i miei pensieri, conoscere i suoi pensieri. Non è amore questo?
“Non mi manca, ma mi piacerebbe fosse qui. Aggiungerebbe ricchezza alla mia vita, ma sto perfettamente bene anche sola con me stessa”
Queste saranno le parole che dirai dopo la rivoluzione 😉
Difficile? Sì, ma è la strada che ho percorso io e quella che tutti possono percorrere.
Siamo qui per questo no? 🙂
Quindi mettiamo il caso di chi si nega una relazione con una persona perché non può frequentarla al livello intimo che vorrebbe, non vederla la fa stare male, la fa soffrire, ma il troncare la relazione diventa il tentativo per far sì che col tempo l’infatuazione, l’innamoramento svanisca.
Meglio vederla e continuare ad accontentarsi di non poterla frequentare e avere in un modo più intimo che spera solo quella persona, sperando cmq che col tempo l’innamoramento passi oppure meglio non vederla nel tentativo di farsi passare l’infatuazione, l’innamoramento che cmq la mette in una condizione di debolezza di fronte a questa persona?
Finché qualcosa manca non c’è modo che l’infatuazione passi. Se una cosa manca e ti serve continuerà a mancarti e servirti.
Se ci si continua a frequentare e la persona infatuata decide di crescere e cambiare per se stessa e ha la forza sufficiente per riuscirci, allora potrebbe funzionare, altrimenti quell’accontentarsi diventerebbe solo ulteriore fonte di sofferenza. Meglio prendere le distanze a quel punto e liberare la persona dalla dipendenza nei tuo confronti, dandole modo di confrontarsi con il resto del mondo mentre si toglie il paraocchi che indossava nella dipendenza da te.
Poi fai attenzione che se parlando di frequentazione a livello intimo ti riferisci al sesso, quello non è un aspetto che si possa costruire diversamente.
Si tratta di una dipendenza dal piacere che va gestita come ogni altra forma di dipendenza 😉
Grazie Serena,
In questi casi, anche io penso che sia più prudente evitare la frequentazione, perché non farebbe altro che alimentare quel sentimento di dipendenza. E non risolverebbe il vuoto, il vero motivo, il vero bisogno che si cela dietro a quell’infatuazione. Allo stesso tempo però credo che l’infatuazione non passi da sé, cioè che non basti che passi il tempo perché il senso di malessere, di mancanza per quella persona svanisca. Potremo nasconderlo dentro di noi, potrà essere stordito e anestetizzato da mille distrazioni (rete di protezione, vita, anni…) ma finché non risolvo il motivo vero che mi ha portato a cercare nel cassetto sbagliato la soluzione sbagliata, io quel malessere lo proverò inutilmente molto più a lungo, di quanto non farei se prendessi coscienza di questo particolare (e cioè ho capito che ho scelto la strada sbagliata per trovare quel che mi manca e capire dunque cosa mi manca DAVVERO), e ci lavorassi per trovare nel giusto cassetto la vera soluzione.
Forse capito questo, svanirebbe tutto il malessere e la dipendenza dal desiderio di una persona da tutti i punti di vista, compreso quello sessuale.
Il punto è come aiutare in questi casi qualcuno a prendere coscienza di tutto ciò?
Lasciandogli la libertà allontanandoti da lei 🙂
Se poi quella persona vorrà trovare soluzione alla sua sofferenza, cercherà il modo per capire e lavorerà per risolvere, magari finirà proprio su questo sito, chissà 🙂 , altrimenti tu non ci puoi fare granché.
Ricorda che la maggior parte della persone vogliono essere assecondate più aiutate e nessuno può aiutare una persona che non vuole essere aiutata 🙂
Chi si deve allontanare è la persona oggetto dell’infatuazione. È questo che intendi dire?
Ma il soggetto che deve risolvere la sua sofferenza, e uscire dallo stato di infatuazione, può farlo limitandosi a sforzarsi di non pensarci? Può farlo pensando che deve rassegnarsi a nn poter avere quello che comunque sente di continuare a volere?
Chi vive accanto ad un soggetto così, davvero non può fare nulla per aiutarlo? Anche se non vuole essere aiutato. Poi in realtà non vogliamo essere aiutati davvero? O nn vogliamo ammettere di aver bisogno di aiuto? Come i drogati che sono ciechi nella loro dipendenza.
Perché se il soggetto va lasciato solo perché risolva la sua sofferenza ammesso che lo voglia (ma tutti vogliamo essere felici) allora dovrebbero allontanarsi anche le persone che lo amano?
A volte amare una persona significa proprio allontanarla se questo serve a liberarla dalla dipendenza. E chi è soggetto all’infatuazione certo non risolverà rassegnandoci o evitando di pensarci, ma se è convinto che l’oggetto della sua infatuazione è l’unica cosa che lo renderà felice, non accetterà aiuto: vuole quell’oggetto. Punto.
Esattamente come dici per il drogato, non è che non voglia essere felice, ma rifiuta l’aiuto perché non vede la necessità di togliere la droga per essere felice. Vorrebbe invece che chi lo aiuta lo facesse stare bene così com’è, mentre continua a drogarsi, o rifiuterà l’aiuto.
Tu però lo sai bene che se non gli togli la droga non lo stai davvero aiutando ma stai assecondando un suo capriccio.
Certo che non si tratta di un capriccio fine a se stesso, ma è proprio come dici, cieco nella sua dipendenza 🙂
Grazie Serena,
quindi, mettiamo il caso di due coniugi in cui uno dei due si innamori di una terza persona, per disinnamorarsi deve allontanarsi dalla persona di cui si è innamorato, ma anche dal proprio coniuge?
Deve diventare forte abbastanza da scegliere di amare.
A quel punto decide con chi e se condividere una relazione di coppia (ammesso che l’altro faccia lo stesso).
Potrebbe allontanarsi o meno, dipende da quanto sia grande il suo bisogno e da quanto “pensa” che l’altro sia in grado di soddisfarlo.
Più grande saranno questi due aspetti, più si renderà necessario allontanarsi 🙂
Se si tratta di una dipendenza, e non di un’intesa profonda, stando alla vostra teoria, il soggetto non è abbastanza forte per poter imparare (da solo tanto meno credo) ad amare.
Se così è, oltre a decidere di allontanarsi fisicamente dall’oggetto della dipendenza, decidere di rinunciare anche alla dipendenza verso il coniuge (xché a questo punto anche il sentimento verso il comuige è una necessità e non amore) può davvero fargli trovare la forza x amare?
Non si corre il rischio di pretendere troppo?
Anzi a me sembra di capire che anche decidere di allontanarsi dalla persona di cui ci si è innamorati, senza aver realizzato che il nostro non è amore vero, non servirà a niente.
Forse quindi allo stesso modo non servirebbe a niente allontanarsi anche dal coniuge?
Per arrivare ad amare senza dipendenze, prima di allontanarsi dalle proprie dipendenze, diventa allora necessario capire i motivi profondi x cui sentiamo il bisogno di quelle persone, raggiungere quindi la consapevolezza che non stiamo amando nessuno? Solo così attuerò un allontanamento utile al mio percorso di crescita?
Facendo un parallelismo con un drogato, può disintossicarsi senza credere a quello che sta facendo? E farlo da solo? Se ha dipendenza da droga e alcool, meglio togliere tutto insieme, o meglio fare un passo x volta, rinunciando alla cosa più pericolosa delle due dipendenze, magari, e nn a tutto insieme, e sopratutto lavorando al più presto sulla consapevolezza della differenza fra amore e dipendenza?
Dipende da quanto dipende 😀 e dal fatto che la persona in discussione voglia davvero provarci.
Certo che se a un drogato continui a dargli al droga e ci sta bene, per quale motivo dovrebbe volerne fare a meno?
Ovviamente ci vuole equilibrio e ogni caso merita di essere valutato da vicino. Hai pensato di prenotare un incontro su Skype per parlare a quattrocchi? 🙂
ci ho pensato senza andare oltre, nel senso che non ho guardato bene qual è la procedura per la prenotazione. Magari ci do un’occhiata. Grazie Serena
Bene 🙂
Che motivo hai di pretendere una cosa che dipende da te?
Amare rende felici. Per cui amare è sempre una tua scelta, in ogni occasione.
Sul discorso “sacrificio”, io dico che se ti sacrifichi per tua figlia non metti da parte il tuo benessere, ma lo raggiungi attraverso il sacrificio che, ai tuoi occhi è la cosa più positiva per te.
Domanda: ti sacrificheresti per mia figlia?
O la tua vale di più?
Aia Giacomo ?
Qua con il discorso di un figlio tocchi un argomento tosto però.
E ora ti spiego, (poi ovviamente Paola dirà la sua), io per tua figlia darei anche la vita però e anche vero che se faccio una riflessione estrema del tipo: vengo legata senza via d’uscita e senza la possibilità di scelta di dare la mia vita per salvarne due, ma devo scegliere per forza tra mia figlia di un anno e tua figlia di un anno, per quanto dolorosa sarà la scelta, io sceglierò chi ho portato nove mesi nel mio grembo e lo attaccata al seno.
Non so amare?
Sono egoista?
Ho paura?
O forse esistono legami che Dio desidera, e che assolutamente non sono legati a nessuna regola a parte quella di un legame d’Amore profondo come dono dall’Alto.
Io sinceramente non penso che la vita segui solo regole, pensieri ed emozioni ma c’è molto di più e questo vale anche per la scelta d’unione fra due persone. Ma per comprendere quel unione e quel legame, devo essere connessa a Dio per comprendere la sua volontà. Lo so che sto mettendo la spiritualità di mezzo ma è la mia visuale di vita e io credo profondamente nella spiritualità che c’è dentro ogni persona. ?
La domanda l’ho fatta a Paola 😀
Ma considera che io non faccio mai domande per stabilire se siano giuste o sbagliate le risposte che ricevo.
Io sceglierei mio fratello o uno sconosciuto?
Non c’è risposta giusta o sbagliata. L’importante è che io scopra la mia risposta e ci rifletta e continui a conoscermi, capire, crescere… e molte risposte, tutte forse, cambieranno nel corso del cammino di ognuno di noi 🙂
??
PS. Ma proprio mai, ma mai, mai mai ?
Diciamo che ci sono domande e domande. In questo caso anche io non mi metterei a ragionare su cosa sia giusto e sia sbagliato per volere fare passare la mia opinione per il giusto assoluto. Ci sono argomenti delicati e nessuno di noi è nella condizione di stabilire con assoluta certezza cosa sia giusto e cosa non lo sia.
Nello stesso tempo però e anche vero che ci sono alcuni concetti che per natura sono oggettivi e che quindi ho la capacità di fare domande potendo determinare se è giusto oppure no. Per esempio se amo non pretendo, se amo non sono superbo, se amo non sono invidioso, se amo non provo rancore ecc…
Però e anche vero che ci sono scelte che potrebbero non sembrare in sintonia con l’amore ed invece lo sono. Per esempio se amo non dico bugie. Ma se mia madre ha problemi di cuore gravi e il sapere certe cose la mette in pericolo di vita, davanti a una sua domanda diretta e a una mia risposta vera ma pericolosa per la sua salute. Cosa fare? Non te lo sto chiedendo e neanche io rispondo.
Ma voglio solo farti riflettere che anche quando diciamo di fare domande senza andare in cerca del giusto o sbagliato semplicemente dipende… ?
Quando io domando per capire una persona (su quel che una persona pensa o prova), giusto e sbagliato sono fuori dalla mia portata 😉
Sono d’accordo anche perchè in fondo a che serve stare li a chiedersi se una cosa e giusta o sbagliata quando ami?
E ovvio che se faccio le cose con amore per me saranno giuste e se per qualcuno non lo è possiamo confrontarci e vedere come proseguire.
Invece per quanto riguarda l’atteggiamento e le scelte degli altri per quello che riguarda l’influenza che possono avere nella mia vita, è da tempo che non cerco più il giusto e quello che no, diciamo che in un certo senso non esiste più. Perchè a prescindere se lo è o no, io dico e faccio le cose con amore.
Poi nel mio lavoro come Wellness Coach ovviamente mi occupo del benessere non solo fisico ma psicofisico e spesso le persone ragionano attraverso giusto e ingiusto e semplicemente evito di dargli contro con modi insistenti e rigidi, ma come dici molto bene anche tu, cerco di capire pensieri ed emozioni con l’obiettivo di liberarli da un giusto ed ingiusto, aiutandole ad amare, perchè per per chi ama con un cuore sincero e pulito non gli cambia niente sapere se quella cosa è giusta o meno.
❤ Dove c’è l’amore regna la pace e l’armonia sempre con se stessi e con gli altri . Armonia tra mente, cuore
ed anima ❤
Sto finenendo proprio di scrivere un articolo su questo argomento. Mi sta particolarmente a cuore. Perchè ho scoperto che è facile complicarsi la vita inutilmente perdendosi in cosa è o non è giusto. Se amo che problema c’è? Da parte mia esce amore e aiuto con amore e se lo ritengo necessario intervengo per amore, più di questo non vedo cos’altro fare.
Però una cosa giusta c’è: ?
amare sempre senza dei se e senza dei ma. ❤
Un abbraccio a tutti ?
Amare è una scelta. Questo è un concetto che per me è ancora confuso con quello introiettato fin’ora (vale a dire per oltre 50 anni!!) e cioè che amare è un sentimento che proviamo verso qualcuno da cui siamo attirati, con cui si stabilisce una magica e quasi incomprensibile sintonia. E comunque in merito ho ancora delle perplessità… ma, come dire, mi sono iscritta perché voglio imparare.
Ho assunto dal tuo insegnamento che se non possiamo essere felici in assenza di amore, amare diventa essenziale, pretendere di poter amare diventa legittimo. Giustamente se lo consideriamo come una scelta, non ha più senso associarlo al pretenderlo.
Sì il tuo ragionamento in merito al sacrificio è corretto. Lo farei per un altro essere umano, o per lo meno per un altro bambino? Credo proprio di sì Giacomo. La domanda cattiva potrebbe essere un’altra: sacrificherei un altro bambino per salvare mia figlia? Qui la vedo davvero devastante… Sarebbe una scelta comunque devastante. Chissà, paradossalmente potrei decidere di sacrificare la vita di mia figlia per il bene di un altro bambino? Per non far pesare su di lei per tutta la vita questa mia scelta?? Mamma mia… possiamo non pensarci?? Posso solo sperare di non dover mai trovarmi davanti ad una condizione del genere.
ripensandoci, in merito al perché pretendere una cosa che dipende da me: potrei trovarmi a pretendere da me stessa di amare ad ogni costo, anche quando “la pancia” scatena in me sentimenti negativi, rabbia, rancore, delusione, sfiducia. Disciplinare se stessi a questo atteggiamento di amore. D’altronde amare è un sentimento (sentimento?…) che si impara? Se però pretendere è sempre sbagliato, è sbagliato anche pretendere questo anche se da se stessi.
Il punto è che si è sempre detto al cuor non si comanda. Si è sempre detto che tu puoi essere la persona più amabile del mondo, più comprensiva, disponibile, ma se il cuore batte per qualcun altro, se la tangente va verso qualcun altro, se la percezione di risonanza profonda la si sente non per me ma per qualcun altro che magari è meno comprensivo, meno disponibile, meno tutto, io posso fare tutte le capriole del mondo, ma… al cuor non si comanda. O no?
Bugia 🙂
Ragione e sentimento non sono opposti: ricorda che provi emozioni sempre e solo in base a cosa pensi, ai tuoi giudizi e alla tua visione del mondo a quel che credi vero, profondamente.
Da pretesa (devo amare) devi farne un obiettivo sano (voglio amare) e poi lavorare ogni giorno con pazienza e serenità.
Le prossime lezioni della Scuola (il modulo “La Strada da prendere”) saranno fondamentali 🙂
ok…
Mi hai tolto le parole di bocca, in termini di concetti che volevo esprimere. Penso anche che l’amore filiale è l’unico al mondo che può avere quelle caratteristiche. L’amore di coppia può tenderci, ma non può prescindere dalla vicendevolezza.
E poi, si, che fine facciamo fare all’empatia se siamo felici quando l’altro sta male? Possiamo arrivare a sacrificarci per amore del bene di un’altra persona, ma non per questo non soffriamo.
L’amore è amore.
Quando ami più o meno, secondo me non ami affatto. Hai letto questa pagina?
Per la sofferenza, invece, leggi questa pagina, per capire che non soffri per le cose, ma solo per come le vivi 🙂
Siamo d’accordo che non si soffre per le cose in quanto tali, ma per come si vivono. Il punto è che noi viviamo in ogni istante. Non si può prescindere da quello che siam! E da quello che siamo dipende come viviamo, dipende l’approccio e il rapporto con ogni fatto/cosa/persona Sennò saremmo tutti uguali.
Sono d’accordo con i tuoi concetti, ad essi si può tendere per vivere meglio, ma non credo che venga naturale comportarsi come tu dici
Non viene spontaneo, vero, siamo educati ad altro.
Ma io penso che amare sia la natura umana, se lasciata libera dalla paura 🙂
Ciao Giacomo, ho letto tante volte quanto tu hai scritto, e mi chiedo che se anche i chirurghi possono essere emotivamente provati e non lucidi, nell’operare una persona intima non vuol dire che è riconosciuto che l’essere umano non riesca in assoluto ad essere così emotivamente indipendente? È possibile che, facendo parte della sua vita, abbia paura, non credi? Vero che nessuno può essere un punto di riferimento insostituibile per noi, vero che il viaggio è nostro e possiamo anche dover rinunciare ad una persona con cui stiamo bene. Ma non soffrire per una perdita mi sembra proprio difficile… Un abbraccio
Non ci sono emozioni giuste o sbagliate.
La cosa importante è capire che dipendono da come noi viviamo ogni cosa.
Se io fossi chirurgo, lavorerei per poter operare una persona a me molto vicina, per poterla aiutare nel momento difficile 🙂
Certo, e giusto. Quindi non è amore quando si vuole indicare la strada, quando si danno consigli ma lo si fa per essere considerati capaci di aiutare, più forti degni di considerazione. Si rischia di fare più danni che aiutare…questa è la cosa più difficile da imparare, dimostrare senza forzare! Un abbraccio
Mi aggiungo alla discussione 🙂
Io credo che se a un chirurgo è sconsigliato (o proibito) operare su una persona intima, è perché non è la norma che le persone siano emotivamente indipendenti. Se lo fosse potrebbe operare allo stesso modo di come lo farebbe su tutte le persone.
Allo stesso modo, perdere un proprio caro può creare dolore, ma se si è emotivamente indipendenti, si può scegliere di vivere quel dolore senza venirne sopraffatti, ma perché si sceglie di farlo.
A quel punto al dolore può essere associata gratitudine, per esempio, perché si è liberi di gestire positivamente ogni emozione 🙂
Io ho capito che questa è l’unica strada per crescere e costruirsi una grande forza interiore, ma come giustamente dite voi non è facile. Sembra, ma anche senza sembra, che la nostra cultura ci indirizzi verso il dolore, bisogna soffrire “siamo nati per soffrire” ripeteva continuamente una mia collega di lavoro un po’ anziana. Una persona che si sottrae alla sofferenza viene considerata egoista e insensibile, per paradosso, se qualcuno ci offre il suo aiuto o qualcosa in regalo ci sentiamo subito fuori posto perchè dobbiamo RICAMBIARE, l’amico che si dimentica il suo turno per pagare il caffè è uno spilorcio approfittatore. Avere dagli altri, nel piccolo ci spaventa nel grande potresti essere ricattato e diventare vulnerabile, quindi non è facile. Ad amare è ovvio che non me siamo capaci, è quasi impossibile esserlo in questa società. Ci provo, certo ma spesso soffro perché è proprio l’esatto contrario di quello che abbiamo visto fin’ora……Zero controllo degli altri, elasticità (quindi non imporre le proprie rigidità mentali, cioè regole che si siamo costruiti con tanta fatica e che spesso noi stessi abbiamo fatto fatica ad accettare, servono a noi ma gli altri ne hanno altre. Saper arginare e sopravvivere però quando vogliono imporle a te, cioè saper rimanere liberi (perchè la tendenza è quella di imporre agli altri). Imparare a far silenzio…meglio sempre. Gli altri non vogliono sentirti parlare, generalmente vogliono parlare loro. Osservare attentamente tutto questo con pazienza, perseveranza, determinazione e se nel frattempo non ho preferito andare a fare l’eremita ho imparato ad amare gli altri. Vi abbraccio!
Io credo che faccia più comodo pensare che soffrire sia necessario.
In fondo se soffriamo non dobbiamo fare fatica, ce ne stiamo comodi a sopportare la sofferenza, compiacendoci nel nostro stesso vittimismo.
Ce lo facciamo bastare pur di non fare la fatica di amare e viviamo una vita mediocre, quando va bene e le cose non degenerano stando male seriamente.
Credo che a volte le persone abbiano davvero bisogno di toccare il fondo per decidere di provare a cambiare e allora bisognerà vedere chi troverà la forza per farlo e chi invece sprecherà la sua intera vita in una per loro inutile sofferenza.
Tu hai scelto la strada giusta, starà a te decidere se vale la pena proseguire e se tornare sulla vecchia via battuta e condivisa dai più 😉
grazie Giacomo
mi sono resa conto che io amo i miei figli perche’ mi stacco da me per vedere ed ascoltare i loro bisogni,la loro visione della situazione che stano vivendo che e’ diversa per entrambi in quanto persone diverse l’una dall’altro con percezioni soggettive e personali loro.. e se mi chiedono consigli e’ perche’ sanno che li lascio liberi di scegliere cosa fare in merito alle mie parole. la mia per loro e’ solo il mio punto di vista e lo sanno prendere come tale.li ho cresciuti come persone in crescita.come piccole persone da guidare verso la loro liberta’ e felicita’ .li ho cresciuti responsabilizzandoli in base alle eta’ e nell’indipendenza da me in quanto conoscevo la distruzione che giorno per giorno si insinua dentro di noi fin da quando siamo piccoli.e non lo avrei mai voluto passare a loro .
riguardo al mio ex compagno ho fatto di questo mio comportamento di indipendenza da me , di ascolto e visione e rispetto dei suoi bisogni ,dei desideri della liberta’ ,di gestione del suo tempo anche lontana da me , la mia piu’ grossa arma a doppio taglio contro me stessa. e credo sia stato amore genuino anche questo.
con una totale assenza di consapevolezza verso di me ma non sapevo cosa significasse.
cresci con la frase ”non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te ”
TE… ma chi e’ questo TE ? …. IO ?
qualcuno ci ha insegnato chi siamo ? che cosi’ come siamo andiamo bene ?
i nostri diritti in quanto esseri umani ?
o forse ci hanno detto che se pensiamo a noi siamo egoisti e se pensiamo agli altri siamo buoni e accettati?
o che siamo sbagliati, troppo irrequieti e disubbidienti,troppo testoni da raddrizzare da controllare, che quello che pensiamo ,sentiamo,il nostro ventaglio di emozioni va soffocato perche’ non ci si comporta cosi’ ma cosa’ …credo che si potrebbe andare avanti per molte e molti di noi…
quindi ok ora so che esiste un ME. bene… chi e’ ? chi sono ? si e’ aperto un mondo fantastico .
ci ho messo 57 anni ma ci sono arrivata. grazie a tutta la mia vita vissuta cosi’ come e’ stata e grazie a cosi’ come e’ stata.
quando si scopre il proprio ME allora le priorita’ cambiano e ci si vede con occhi diversi .
e allora cambi la frase.
”non fare a ME stessa quello che non sarei mai capace di fare agli altri”
”DARE a ME stessa tutto quello che sono stata capace di dare agli altri”
si scoprono i PROPRI BISOGNI soprattutto
i primari vengono ascoltati per forza ..senno’ moriremmo.
ma gli altri? i nostri BI – SOGNI ? il nostro specchio ?
a cui probabilmente si e’ dato ascolto in modo discontinuo perche’ nessuno ci ha insegnato che invece erano importanti per la nostra crescita in modo equilibrato tanto come i primari….
i BISOGNI primari sono solo quelli che possono intaccare la nostra sopravvivenza…
tutti gli altri sono accessori per migliorare i primi e darci la possibilita’ di vedere con equilibrio con i primi ,cio’ che ci puo’ portare alla felicita’
per questo bisogna dare il giusto significato alla parola BISOGNO .
almeno questo e’ il mio pensiero.ora.
questa e’ solo la mia opinione che ha valore come quella di qualunque altro.
buona giornata e ancora grazie Giacomo per le tue pillole di saggezza
buongiorno già sentito parlare di persone ipersensibili? credo di essere così
Leggi questa pagina Stefania 😉
Giacomo, grazie… sono andata pure io a leggere la pagina che hai suggerito a Stefania, dato che mi definiscono spesso emotiva. Mi ha aiutata molto a capire 🙂
🙂
Nel caso di un figlio come posso star bene se lui sta male Secondo me è praticamente impossibile
Il problema è se fai dipendere la tua felicità da lui.
Che sia un figlio, un marito, un genitore, cambia poco.
Se la mia felicità dipende da te, non riuscirò ad amarti. Paradossalmente.
Leggi questa pagina 🙂
Giacomo, finché non ho iniziato Il tuo corso lottavo tutti i giorni perché volevo vedere le persone intorno a me felici, stavo male nel vederle tristi e pur di cercare ( perché in realtà non riuscivo ) di renderle felici facevo cose che non mi piacevano e mi distruggevano sia fisicamente che psicologicamente … arrivando al punto di piangere e di non avere più forze … ora ho imparato a volermi bene a fare per gli altri ciò che posso , ciò che ritengo giusto, senza cercare l’approvazione di nessuno e passando spesso per egoista ed insensibile; io so che non è così e questo mi basta … non temo più il giudizio di nessuno
GRAZIE
Grazie barbara 🙂
ciao Giacomo. Mia moglie è una tua fan credo e mi fa leggere le tue riflessioni, forse per aiutarmi ad aiutarla ad essere felice. Io ho sempre ritenuto che aiutare le persone con distacco emotivo fosse giusto, ma quando lo fai, soprattutto lei mi taccia di anaffettività. Credo che i consigli , se dati in modo distaccato, siano più utili. Se mi fa provare la sua nuova auto, tendo ad esaltare i difetti per poter capire se è sicura, ma lei pensa lo faccia per dimostrare che non sappia scegliere ed ogni giorno è così. in pratica sono il suo nemico numero 1. La domanda è: si può aiutare una persona che si è convinta che tu sei sbagliato e che non vuoi il suo bene ma solo il controllo sulla sua vita? Tieni conto che sono sicuro di amarla da quasi trent’anni ma per farla felice magari, oltre un passo indietro, devo proprio staccarmi del tutto?
Secondo me no.
Considera questo: se il tuo amore viene frainteso, non sarà considerato amore.
Cerca un equilibrio nel modo in cui tu comunichi e in cui lei comprende.
Nota i difetti dell’auto per vedere se è sicura, ma non trascurare le qualità.
Sottolinea i pregi, non solo quel che non va bene.
Chiediti: come posso far sentire a mia moglie il mio amore?
Declinalo a “parole sue” perché lo capisca.
Scopri da lei cosa sente come distacco o attacco. Leggi questa pagina, penso sarà utile 🙂
Buongiorno Giacomo.Desidero sapere da te se quello che hai scritto vale anche per i figli,ossia come possiamo essere felici se i nostri figli soffrono.
Vale per tutti coloro che amiamo.
Posso essere felice (il che non significa che mi è indifferente) solo se la mia felicità non dipende da loro.
Allora posso offrire proprio questa serenità a chi sta male e ha bisogno di me.
Come avevo scritto ad Ambra nei commenti qui sotto 🙂