Empatia…
Una mia amica lavora da anni nello stesso ufficio. Di recente, per delle sue esigenze, ha chiesto alla responsabile di cambiarle l’orario di lavoro, ma lei ha lasciato che la richiesta cadesse nel nulla.
Sai qual è stata la reazione della mia amica? “Non è giusto!
Eppure ci conosciamo da anni, la responsabile sa che non faccio mai richieste per niente, se chiedo c’è un valido motivo. Di solito non si comporta così con me.
Possibile che non mi capisca?”
Già…
Ma la mia amica capisce la responsabile?
Perché quel giorno le ha risposto proprio in quel modo?
Ti capisco, ma fino a un certo punto
Secondo lei, probabilmente poteva essere arrabbiata, preoccupata, o distratta. Insomma aveva le sue giustificazioni, MA queste non dovrebbero interferire con le esigenze degli altri, perché anche loro hanno questo problema, quest’altra situazione, un emozione così o cosà.
Sempre questa amica, vive un rapporto conflittuale con la collega che ha l’abitudine di curiosare nei fatti degli altri ricamandoci sopra.
Sai quante volte ho provato a farle capire che, se lo fa, un motivo c’è? Se lo fa è perché quello, per lei, rappresenta il modo per assolvere a un bisogno che, in quel momento, non sa soddisfare altrimenti.
Così, un giorno che si lamentava dell’ennesima situazione in cui la collega non si è fatta gli affari suoi, le ho chiesto: ma secondo te perché lo fa?
E secondo la mia amica, la responsabile è una donna frustrata e che ha bisogno di sfogarsi.
MA questo non è giusto! perché anche lei… eccetera, eccetera.
Insomma, ho cercato di far capire alla mia amica che se comprende che anche gli altri ridono e piangono come lei, può accettare e tollerare, aiutare perfino.
E se osservo bene, potrei pure dire che lei abbia compreso, osservando dei possibili motivi.
Però, c’è sempre un MA capace di negare ogni affermazione. Il MA che precede il punto dove la comprensione viene interrotta dagli interessi personali.
Insomma, capisce che anche gli altri possano ridere e piangere proprio come ride e piange lei, ma non si spinge a comprenderne il motivo.
Sai a cosa serve questo tipo di comprensione?
A niente. Tutto cancellato da quel “ma”.
Così ho capito una cosa: la comprensione, quella vera e profonda non può esistere senza empatia.
Ma cos’è l’empatia?
Empatia: ti capisco (e basta)
L’empatia credo si possa definire come la capacità di calarsi nei panni degli altri.
Ma farlo come se fossi loro.
Con tutti i loro problemi, col vissuto che hanno alle spalle, con le loro regole, paure, desideri, capacità ed emozioni. Calarsi nei panni degli altri come se davvero tu fossi gli altri.
Ma questo non avverrà mai se prima non comprendi te stesso e le tue pretese.
Di recente ho scoperto una canzone di Niccolò Fabi che, in effetti, parla proprio di empatia
Io sono l’altro
Sono quello che spaventa
Sono quello che ti dorme
Nella stanza accanto
Io sono l’altro
Puoi trovarmi nello specchio
La tua immagine riflessa
Il contrario di te stesso
Io sono l’altro
Sono l’ombra del tuo corpo
Sono l’ombra del tuo mondo
Quello che fa il lavoro sporco
Al tuo posto
Sono quello che ti anticipa al parcheggio
E ti ritarda la partenza
Il marito della donna di cui ti sei innamorato
Sono quello che hanno assunto quando ti hanno licenziato
Quello che dorme sui cartoni alla stazione
Sono il nero sul barcone
Sono quello che ti sembra più sereno
Perché è nato fortunato
O solo perché ha vent’anni in meno
Quelli che vedi sono solo i miei vestiti
Adesso facci un giro e poi mi dici
E poi
Io sono il velo
Che copre il viso delle donne
Ogni scelta o posizione
Che non si comprende
Io sono l’altro
Quello che il tuo stesso mare
Lo vede dalla riva opposta
Io sono tuo fratello
Quello bello
Sono il chirurgo che ti opera domani
Quello che guida mentre dormi
Quello che urla come un pazzo e ti sta seduto accanto
Il donatore che aspettavi per il tuo trapianto
Sono il padre del bambino handicappato
Che sta in classe con tuo figlio
Il direttore della banca dove hai domandato un fido
Quello che è stato condannato
Il presidente del consiglio
Quelli che vedi sono solo i miei vestiti
Adesso vacci a fare un giro e poi mi dici
E poi mi dici
Mi dici
E poi mi dici
Mi dici
E poi mi dici
E poi mi dici
Mi dici
Mi ha stupito il fatto che la canzone inizi, praticamente subito, parlando di se stessi e della propria immagine. E proprio questo mi ha dato modo di riflettere.
Pensandoci, mi è presto venuto in mente il libro di A. De Mello “Messaggio per un aquila che si crede un pollo”. In effetti in questo libro molti passaggi si ricollegano alla consapevolezza volta alla comprensione e all’empatia.
“Siete consapevole delle vostre reazioni, mentre vi ascoltate? Se non lo siete […] sarete influenzati da forze interne a voi di cui non siete assolutamente consci”
Infatti è proprio questo il punto.
C’è un momento in cui mettiamo un muro alla nostra comprensione perché da quel punto in poi comprendere l’altro metterebbe a rischio ciò che noi giudichiamo giusto, ciò di cui siamo assolutamente certi.
Se la mia amica è certa di avere un buon motivo per chiedere alla responsabile un cambio di orario, significa che lei ha giudicato che quello è, appunto, “un buon motivo”.
Di lì in poi crede di aver ragione e per difendere la sua convinzione che poi diventa una pretesa, chiude le porte alla comprensione.
Ma anche qualora lei capisse ciò che ho appena detto, questo non sarebbe sufficiente ad eliminare il giudizio e continuerebbe inconsapevolmente a porre barriere.
Comprenderebbe fino a un certo punto, ma alla fine arriverebbe sempre quel “ma” che nega tutta la comprensione precedente mettendo al primo posto le sue certezze e da lì le sue pretese.
E questo non è empatia.
Ascolta te mentre ascolti me
Perché la comprensione diventi empatia, ciò che è necessario capire per primo siamo noi stessi!
Solo diventando davvero consapevoli di noi e delle conseguenze che i nostri limiti e giudizi hanno nei confronti della comprensione degli altri, potremo comprendere in profondità diventando veramente empatici con l’altro.
E te lo mostro in quest’altro estratto del libro di De Mello:
“[…] diventare osservatori partecipi. […] io vi parlo e contemporaneamente sarei là fuori a guardare voi e me stesso.
Quando vi ascolto, è infinitamente più importante per me, ascoltare me che voi. Naturalmente è importante ascoltare voi, ma è più importante che ascolti me stesso, altrimenti non sarò in grado di sentirvi, oppure fraintenderò ogni cosa che voi dite.
Vi affronterò partendo dal mio condizionamento. Reagirò a voi in tutti i modi, partendo dalle mie insicurezze, dal mio bisogno di manipolarvi, dal mio desiderio di successo, dalle irritazioni e dai sentimenti di cui non sono consapevole.
Dunque è assolutamente indispensabile che mi ascolti mentre vi ascolto.”
Se io per primo non mi comprendo, come potrò mai calarmi nei panni degli altri senza che le mie regole e pretese interrompano la comprensione?
Questo non significa che avrò risolto i miei problemi, le mie paure, le mie pretese e quant’altro, ma sarò in grado di capire quando la comprensione si ferma mentre subentrano le mie regole che si oppongono.
Solo comprendendo te stesso, o te stessa, in questo modo potrai “toglierti di mezzo” e calarti davvero nei panni dell’altro con umana e obiettiva comprensione.
Solo a quel punto, potrai mettere da parte ogni emozione negativa e accettare che le sue scelte possano trasformare la realtà a cui ambivi, in una realtà diversa e più impegnativa.
Solo allora sarai disposto, o disposta, a rimboccarti le maniche e, preso atto della situazione, trovare una soluzione alternativa.
Solo allora sarai davvero capace di provare emozioni positive di fronte a qualunque comportamento degli altri e prendere in mano la tua vita.
Quindi, da ora in poi, quando il comportamento di un’altra persona provoca in te emozioni negative, chiediti cosa ti sta impedendo di ottenere.
A quel punto rispondi a questa domanda: se non mi interessasse ottenere ciò che voglio, cosa penserei e come mi sentirei se quella persona ripetesse il comportamento che ora non accetto?
Ottimo, non ti resta che provare.
E ricorda che “quello che vedi sono solo i miei vestiti, adesso facci un giro e poi mi dici” 😉