La morte fa parte della vita ed è qualcosa con cui tutti dobbiamo fare i conti.
Da un lato ci riguarda perché tutti moriremo, dall’altro è probabile che vivremo la morte di persone vicine.
C’è chi teme di morire, e chi teme molto di più la morte delle persone amate.
Ho scritto in passato una pagina sulla paura di morire.
Oggi vorrei parlare della morte, provare a capirla, osservarla per scoprire cosa temiamo e come potremmo viverla con serenità.
Infatti lo ripeto: la morte è parte integrante della vita e dovremo farci i conti, che ci piaccia o no.
Di solito viviamo la morte come una perdita: l’assenza è sicuramente l’elemento chiave che rende questo evento così doloroso per noi. E l’assenza, la perdita, fa sempre rima con tristezza.
A volte anche con disperazione.
Ecco cosa ti offro:
- Perché temiamo così tanto la morte (assenza vuoto, perdita).
- Come vivere la morte improvvisa di chi amiamo.
- Se temi la morte, ti perdi anche la vita (hai mai fatto un viaggio?).
- Quando una persona muore davvero (e quando non accadrà).
- Cosa succede quando qualcuno che ami muore (perfetto anche per spiegarlo ai bambini!).
- La ragazza che sorrideva felice al funerale della sua mamma (storia vera).
- L’atteggiamento che rende il tuo amore più forte della morte.
La morte: assenza, vuoto, perdita…
Di Deborah Cavalieri.
Diversi mesi fa ascoltando una persona mentre esprimeva quello che provava, per essersi lasciata con il suo compagno, ed un’altra alla fine di un amicizia, ho capito una cosa.
Quando una persona a noi molto cara muore, proviamo le stesse identiche emozioni: senso di vuoto, smarrimento, tristezza, sensi di colpa, confusione, forse anche rabbia.
Quindi penso che tanta sofferenza davanti a un lutto non sia una questione legata all’idea della morte, ma alla perdita, alla separazione.
Nell’antichità il periodo del lutto era caratterizzato da tanti rituali e procedure che permettevano a una persona, di prendersi del tempo per affrontare la perdita con calma.
Oggi quel tempo manca sempre, non solo quando viene a mancare una persona cara, ma anche prima.
Ed è proprio in quel non prenderci il tempo per capire le nostre emozioni, che ci ritroviamo a vivere le nostre lacrime non come un’esperienza ma come un lutto doloroso.
Se vuoi, ogni lutto può diventare un esperienza per avvicinarti e comprendere il tuo mondo interiore e riavvicinarti quando vuoi alla persona che non c’è più.
Se vuoi, le tue lacrime non saranno più lacrime di dolore, ma lacrime di felicità e amore.
Prenditi il tempo per entrare in ogni tua emozione, sentila, vivila, dagli il permesso di farsi comprendere e poi liberatene per sempre, scegliendo ogni giorno di amare.
Nei tuoi gesti, nei tuoi sorrisi, nei tuoi viaggi, nei tuoi cambiamenti, nei tuoi progetti, se ti prendi il tempo per una vita anche interiore, scoprirai che quella persona è ancora lì vicino a te.
Ma imparare a vivere la morte in modo non doloroso richiede un cambio di prospettiva che a volte non abbiamo il tempo di realizzare dentro di noi.
Un giorno una ragazza mi ha chiesto se sia possibile vivere bene la morte improvvisa di una persona.
Dipende dal senso che tu dai alla morte.
Vero è che una persona può morire all’improvviso.
Ma tu sei consapevole che tutti potremmo morire all’improvviso?
Osservi la vita sapendo che la morte è parte della vita, o la osservi togliendo il pensiero che finirà, come se non esistesse?
Difficile gestire qualcosa a cui non siamo preparati.
Qualche anno fa morì, avvelenata, la mia cagnolina.
Ovviamente fu all’improvviso.
Ho vissuto quell’esperienza con un senso di equilibrio impensabile qualche anno prima.
E so che dipese da come io ero, non da come lei era morta.
La realtà è incontrollabile.
Ma tu puoi diventare forte e consapevole al punto da saper vivere con equilibrio anche le situazioni più difficili.
Ma serve che tu diventi così prima di doverle affrontare.
Io penso di essere maturato ancora da allora (sono trascorsi diversi anni).
E continuerò a farlo.
Ma so che in passato ho sofferto per cose di cui oggi sorrido.
Non perché fossero “sciocchezze”, ma perché io, quando le ho vissute, non ero abbastanza forte per viverle con serenità.
Non aspettare di aver bisogno di questa forza, per svilupparla.
Fallo oggi, che magari non ti serve, per averla dentro di te quando sarà necessaria.
E se invece ti trovi in un momento di necessità, ricorda che non è mai troppo tardi per iniziare a diventare più forte.
E se oggi stai male, inizia da questa pagina.
Quando sono stato a Milano ho compreso qualcosa che è davvero importante per vivere con serenità la morte.
Se temi la morte, ti perdi anche la vita
Hai mai fatto un viaggio?
A fine novembre 2019 sono stato a Milano per tenere un WEP dal vivo.
Cosa ho visto?
L’incontro è durato 3 giorni.
Quando sono arrivato ho conosciuto prima di tutto la signora del b&b in cui ho dormito e in quei tre giorni, per via di tante cose, ci siamo scambiati diversi messaggi e visti più volte.
Ho preso confidenza con la strada che dalla casa portava alla metropolitana.
E ho preso confidenza con ogni fermata della metro, con il percorso che facevo ogni mattina e ogni sera, con le fermate che mi servivano.
Alla fine era diventato tutto abbastanza familiare.
Poi ho incontrato chi ha partecipato al WEP.
Ci siamo conosciuti, visti per la prima volta in qualche caso, o rivisti con alcuni, abbiamo detto qualcosa di noi e condiviso insieme tre giorni intensi.
Abbiamo pranzato, due volte nello stesso posto, in stazione a Milano.
E il secondo giorno era già più familiare quel locale, i suoi tavoli, l’organizzazione.
Alla fine dell’ultimo pranzo ho anche salutato una signora della cucina come fosse una mia amica, come se ormai, dopo averci parlato più volte in due giorni, ci conoscessimo davvero.
E poi ogni ora in aula ha creato confronto, idee, mi ha permesso di conoscere meglio ogni persona, e nelle pause tutti scambiavano qualche parola con altri, perfetti sconosciuti solo qualche ora prima, concludendo con un gruppo Whatsapp alla fine dei tre giorni.
E la sera, venerdì e sabato, siamo andati un po’ in giro per Milano, cenato insieme, riso, scherzato, parlato di cose serie, conosciuti ancora un po’ meglio.
Poi domenica, uno alla volta, ci siamo salutati e l’esperienza Milanese è terminata.
Nessuno di noi pensava che sarebbe durata per sempre.
Ogni momento piacevole, sapevamo che era lì e sarebbe terminato.
Ma ogni volta che finiva una fase di questo “viaggio”, ne iniziava una nuova.
Concluso il mio volo di andata, ho intrapreso il viaggio dentro Milano.
Concluso il mio arrivo a Milano, è iniziato il WEP.
La fine del primo giorno ha segnato l’inizio del tempo in cui, fuori dall’aula, si stava insieme parlando, mangiando, passeggiando per la città.
Finito questo iniziava il secondo giorno di corso, e alla fine, iniziava il terzo.
E quando il WEP si è concluso, ho iniziato il mio viaggio di ritorno.
Forse dovremmo vivere la vita allo stesso modo.
Sapere che ogni persona incontrata oggi, non è detto che resti con noi per sempre.
Che ogni momento splendido finirà, e che altri, magari ancora più straordinari, inizieranno.
Invece di attaccarci a tutti e tutto come facciamo, dovremmo sapere che la vita è un viaggio e che ogni viaggio è fatto di momenti diversi, e che la fine di uno, segna l’inizio del prossimo.
Soffri non perché ci sono cambiamenti, le persone vanno, le situazioni finiscono.
Soffri se lo rifiuti e invece di godere del momento e accogliere il prossimo passaggio, ti attacchi alla paura che termini quello che stai vivendo e che ti piace.
Ebbene: terminerà.
Ogni cosa che inizia, finirà.
E spesso non sarai tu a decidere come o quando.
Ma puoi decidere se viverla davvero e come farlo.
E se accogliere ogni nuova fase del viaggio con la stessa gioia delle precedenti.
Sapendo che la vita non dipende da questi cambiamenti, ma dall’amore con cui li vivi.
Se, come in un viaggio, sapendo che tutto quel che inizia finirà, scegli di vivere tutto, morte compresa, allora potrai godere davvero di ogni istante della tua vita.
La felicità non è fuori.
La felicità esiste solo dentro.
E quel che porti dentro è la costante che attraverserà ogni evento, ogni persona, ogni cambiamento.
Ricorda questo: ogni finale segna un nuovo inizio.
Vivi la fine e l’inizio con amore, e la vita ti apparirà per come è davvero: meravigliosa.
E io sono certo che neanche la morte sia la fine del viaggio.
Ma solo un nuovo inizio.
Ovviamente arrivare a questo è un percorso graduale e profondo in noi stessi.
Tra poco ti spiego come iniziarlo, intanto vediamo quando una persona muore davvero.
Quando una persona muore davvero?
Di Serena Sironi.
Molto spesso rinnovo il ricordo delle persone care che ho perso e con cui ho vissuto momenti speciali, proprio facendo ciò che facevo con loro e che proprio grazie a loro ho imparato a fare.
In quel modo è come se costruissi un ponte col nostro passato insieme e quella persona torna magicamente nel presente, insieme al mio sorriso.
Puoi continuare a fare qualcosa che ti legava a quella persona, togliendoti dall’immobilità della tristezza, ma muovendoti nella direzione di costruire qualcosa che tenga in vita l’anima di chi non c’è più.
Anche quando una persona è in vita, se ci pensi, le dai amore a prescindere dal suo corpo. E’ l’idea che hai di lei e ciò che per lei puoi fare. Magari la ami anche mentre non è lì con te.
Cosa cambia rispetto ad ora? Solo il fatto che ora pensi che non ci sia più.
E’ il pensiero a fare la differenza!
E’ il pensiero che crea le nostre emozioni.
Amore e sofferenza dipendono solo da quello su cui metti l’attenzione.
Quando una persona muore davvero?
Quando annulli il tuo pensiero di lei.
Il vero problema è che rimaniamo legati a un corpo in carne ed ossa e alle azioni che compiamo interagendo con quel corpo.
Siamo convinti che senza il corpo tutto si annulli. Ma la verità è che possiamo sempre amare la persona che lo abitava. Ora la casa è caduta e quella stessa persona è in giro per strada.
Credi sia un buon motivo per negargli il tuo amore?
Trova qualcosa che c’era, qualcosa che facevate e per cui valga la pena di ricordare quel momento. Qualcosa che ti ha insegnato e ti ha fatto crescere. Trovalo e riportalo nella tua mente. Ora.
E sempre Serena ha scritto un articolo molto bello dopo la morte di sua mamma.
In un passaggio scrive:
“Così, quando muore una persona cara, quello che conta non è la morte, ma il testimone che ti ha consegnato e che altro non è che il suo messaggio.
Quello che portava al mondo perché il suo passaggio su questa terra avesse un senso, uno scopo riflesso in eterno.
E l’ha dato a te, proprio a te!
Perché tu possa continuare la corsa della vita di un’anima che non morirà mai“.
Se vuoi leggere tutto l’articolo, lo trovi in questa pagina.
Cosa succede davvero quando qualcuno muore
Ti racconto una storia che ho pubblicato sul sito PianetaMamma.it
Luigi ha 5 anni, e da ormai diverse settimane è sempre triste.
Da quando suo nonno è morto non riesce a sorridere, perché gli manca tanto. Così la mamma decide di mettere una sedia vuota al tavolo dove mangiano, in modo che Luigi possa vedere il posto che il nonno ha ancora per tutti.
Luigi è ancora più triste e pensieroso.
Adesso, ogni volta che si siede per mangiare, l’assenza del nonno è ancora più forte e “rumorosa”, senza contare che se qualcuno si siede su quella sedia, se la prende, come se fosse un tentativo di “sostituire” la presenza del nonno e cancellarlo.
La mamma si aspettava questa reazione, ci sperava.
E dopo aver lasciato Luigi qualche giorno a convivere con questa sensazione, decide di parlargli, portandolo davanti al tavolo. Sulla sedia “del nonno” poggia l’orso preferito di Luigi, che rimane spiazzato.
Non vuole che qualcuno si sieda su quella sedia, ma il suo orso è speciale.
“Dov’è il nonno?” gli chiede la mamma.
Luigi la guarda dubbioso.
“Si trova sotto al sedere di Scooty?” chiede sorridendo, e ottenendo in cambio un sorriso dal figlio.
“No!” risponde Luigi, “qui sotto non c’è!” dice alzando l’orso e abbracciandolo.
La mamma si siede su quella sedia tenendo sempre il suo sguardo fisso negli occhi di Luigi. “E non è nemmeno sotto il mio sedere!” continua senza mai smettere di guardarlo con dolcezza.
Luigi resta silenzioso e fa cenno di “no” con la testa, stringendo Scooty al petto.
“Il nonno non occupa una sedia” spiega la mamma a Luigi, “è piuttosto come i cerchi dell’albero”.
Luigi è incuriosito e segue la mamma in giardino, fino all’ulivo che hanno fatto tagliare mesi prima.
“Lo vedi quanti cerchi ha quest’albero?” chiede al figlio.
Lui guarda sempre con stupore la natura, e vede i tanti cerchi del tronco.
“Il nonno”, spiega la mamma, “è come un cerchio di quest’albero. L’albero cresce e ogni cerchio rimane nascosto dentro la corteccia. Ma se l’albero è grande” dice al figlio accarezzando con la mano il legno ruvido dell’ulivo, “è per via di ogni cerchio che porta dentro di sé e che non scomparirà mai”.
Luigi nota che la mamma è commossa.
“Così il nonno” riprende sorridendo lei, “è come uno di questi cerchi per te e per me. Resterà sempre dentro di noi”.
Luigi capisce e sorride accarezzando il legno.
Non esistono “sedie vuote”.
Non ci sono “posti” da riempire.
Il segreto è trasformare ogni ricordo in gratitudine, non fermarsi a quello che è stato, ma continuare a vivere la vita per quella che è: un’inesauribile fonte di opportunità.
E ora ti racconto un’altra storia, quella della ragazza sorridente al funerale di sua mamma.
La ragazza che sorrideva felice al funerale di sua mamma
La morte, è DAVVERO qualcosa di universalmente negativo? Non potrebbe trattarsi di una visione a cui siamo stati inconsapevolmente indotti dalla nostra cultura?
Ricordo quando ho perso la mia amatissima mamma all’età di 19 anni.
Non avevo molti amici né cugini, né un rapporto particolarmente idilliaco con mio padre, e la mia mamma era tutto per me.
Ma l’Amore che ci aveva unito in vita era così forte, così intenso e bello che ho sempre pensato, anche durante la sua malattia, che il nostro non sarebbe stato un addio, lei avrebbe continuato a vivere in me.
Si sarebbe trattato non di un commiato, ma di un “trasferimento”, nella sede definitiva del mio cuore.
E per accoglierla nel modo migliore, avrei voluto che nel mio cuore trovasse sempre quanto di più bello si possa desiderare, un ambiente pieno di luce, di purezza, di calore.
Al suo funerale facemmo un corteo a piedi, dalla chiesetta in cima al paesino di campagna dove si erano svolti i funerali, fino al cimitero che si trovava a valle.
Alcune persone si sentivano forse in dovere di farmi coraggio, ma io sorridevo a tutti ed ero felice perché mi avevano permesso di scegliere il vestito con cui sarebbe stata sepolta: una maglietta presa in prestito da me, azzurra con un elefantino dorato, e la pantagonna cucita da lei.
Quale abito migliore avrei potuto scegliere, se non quello che indossava un anno prima quando eravamo partite, emozionatissime e ignare di tutto, per il più bel viaggio che abbiamo avuto la fortuna di poter condividere, ancora insieme?
Forse qualcuno mi avrà trovato strana, una figlia superficiale e insensibile, che sorride al funerale della propria madre, mentre mio padre era distrutto dal dolore.
Ma il mio cuore quel giorno era sereno, non avevo rimpianti.
Non c’era cosa che non avessi condiviso con lei finché era in vita, non c’era parola d’amore che non le avessi rivolto, e in particolare negli ultimi due mesi, che sapevo sarebbero stati gli ultimi, avevo assorbito da lei tutto quanto potessi fare.
Potevo serenamente lasciarla andare, perché avrebbe vissuto per sempre dentro di me.
Noi ci attacchiamo alla vita dimenticando che la nostra esistenza su questa terra non è qualcosa di “dovuto”.
Se tenessimo sempre a mente il fatto che non fosse affatto scontato che nascessimo e vivessimo, ricordando che un giorno inevitabilmente saremo chiamati a restituire questo corpo che ci è stato dato in prestito, ci concentreremmo forse di più nel vivere pienamente questo meraviglioso e prezioso Dono che è la vita, anziché preoccuparci del fatto di dover morire
Forse temiamo la morte perché non stiamo vivendo pienamente?
Viviamo nella paura di perdere un giorno i nostri cari forse perché sentiamo di non vivere ogni singolo prezioso istante con loro come vorremmo, distratti dai nostri mille impegni?
Ti è mai capitato di sentirti così immensamente felice, così in pace e in armonia con te stesso e con il mondo intero, in uno stato di grazia, in cui hai pensato: “Ecco, adesso potrei anche morire” ?
A me è capitato.
Sono stati momenti in cui ho assaporato la vera felicità, quella che non deriva da qualcuno o qualcosa di esterno, ma quella gioia che sgorga dal cuore come un fiume in piena e che nasce da dentro e inonda tutto quello che c’è attorno.
E in quei momenti, il mio pensiero è stato: “Se dovessi morire anche adesso, non avrei rimpianti”.
Saresti pronto, o pronta, a morire anche oggi?
Solo per questa giornata, prova a vivere come se fosse l’ultimo giorno della tua vita, e come se non potessi mai più rivedere le persone che ami.
Oggi è l’ultimo giorno.
C’è qualcosa che vorresti dire loro? Fare per loro? Con loro?
Qualcosa mi dice che sarebbe una giornata splendida e indimenticabile.
Non è facile arrivare a vivere così un evento come questo.
La morte è parte della vita, tutti moriremo, tutti, probabilmente, vedremo morire persone a noi vicine.
Il problema, come detto all’inizio, è il senso che diamo alla morte.
Di solito noi leghiamo la nostra felicità agli altri.
Tanto più dipenderà da loro, tanto più dolorosa sarà la loro perdita.
Perché con loro morirà anche la nostra felicità.
Se invece non saranno gli altri a renderti felice, se loro non dovranno rendere meravigliosa la tua vita, arriverai a capire che puoi amarli senza averne bisogno (leggi questa pagina) e allo stesso tempo lasciarli andare quando verrà questo momento.
In un suo libro, Buscaglia racconta del momento in cui sua mamma sta morendo.
Lui è lì che piange e si dispera, e lei a un certo punto gli chiede: “Perché non mi lasci morire serenamente?”
Per poter vivere serenamente la morte degli altri, o la nostra, dobbiamo imparare a vivere serenamente e pienamente la vita.
Lo ripeto: finché la tua felicità dipenderà da qualcuno, la sua morte per te sarà sempre e inevitabilmente un evento doloroso e negativo. Magari anche ingiusto.
Io ho capito che la felicità non dipende da nessuno, da niente.
Questo mi ha permesso di lasciare la presa, vivere la vita come un viaggio, accogliere ogni “fine” sapendo che rappresenta, in realtà, un nuovo inizio.
Ti consiglio di leggere la pagina dove spiego come nascono le emozioni positive.
Questo è un passaggio essenziale per poter accogliere con serenità anche la morte.
Ma ho anche fatto un’altra riflessione collegata alla morte delle persone care: perdere qualcuno significa ritenere che fosse “nostro”.
Quali sono le “cose” che realmente possiedi?
C’è un detto che dice: “Nudi arriviamo, nudi ce ne andiamo“.
Di quel che oggi possiedi, quanto potrai portarlo via da questa vita?
Nemmeno la tua stessa vita la possiedi al punto da portela portare via.
Un mio amico mi ha raccontato di una bambina morta a 11 anni per un tumore al cervello. Mi ha detto che la mamma ha affermato di essere grata a Dio e non arrabbiata con Lui.
Lei dice: “Dio mi ha dato in prestito mia figlia per 11 anni, è stato un dono meraviglioso, di cosa dovrei essere arrabbiata?“.
Prova a vedere ogni persona non come qualcosa di tuo che hai perso.
O che potresti perdere domani.
Ma come un dono che ti è stato dato in prestito.
E osservati intorno e vivi tutti i prestiti che sono ancora con te.
In realtà noi stessi siamo tutti di passaggio, non siamo qui per restare.
Perché la vita non è avere, ma prendersi cura di quel che ci viene dato in prestito, fino al momento in cui questo prestito finirà.