Resilienza sana e positiva: la giusta strategia per essere felici

Resilienza.
Cos’è esattamente?

Ecco come la definisce Wikipedia: “la capacità di fare fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre senza alienare la propria identità”.

Oggi voglio andare oltre la definizione teorica e mostrarti come puoi sviluppare una sana resilienza che ti permetta di vivere bene qualsiasi situazione della vita.

Per farlo partiremo dal “concetto teorico”, vedremo i limiti della “resilienza comune”, troppo spesso intesa come una forma di resistenza a oltranza di fronte ai problemi.

Ti racconterò una storia vera, diverse storie vere in realtà, ti darò strumenti concreti e immediati per lavorarci, non concetti psicologici poco utili alla vita quotidiana.

Ecco cosa faremo:

  1. Cos’è la resilienza e da dove nasce (psicologia, fisica e biologia).
  2. Resistere non è una buona idea.
  3. Resilienza sana e come gestire i rifiuti (fidati, c’entra!).
  4. La resilienza inizia con il giusto atteggiamento (anche sotto la pioggia).
  5. Quando il cambiamento incontra resilienza.
  6. Storia (vera) di una ragazza (come te) resiliente.
  7. La fortuna non capita, ma la si sceglie in 5 mosse (con esercizi semplici e concreti).

Iniziamo!

 

Cos’è la resilienza per la fisica e la biologia

Di Serena Sironi.

Cos'è la resilienza

Il termine trova la sua prima definizione nell’ambito della fisica, ma non mi convince fino in fondo la similitudine tra la risposta di un materiale ad una sollecitazione e il comportamento umano rispetto a una situazione stressante.

Forse la definizione di resilienza per un materiale si avvicina di più al concetto di “resistere senza rompersi”, che poco si adatta a quello che penso si possa fare in ambito umano.

Ecco la definizione della resilienza per la fisica: “la proprietà che hanno alcuni elementi di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione

E qualcosa di simile si trova se cerchiamo la definizione in ambito della biologia: “la capacità di un sistema di ritornare a uno stato di equilibrio in seguito ad un evento perturbante

L’essere umano però ha una prerogativa diversa, ha la capacità di attraversare le situazioni.

Senza subire schiacciamento o deformazione, senza venirne perturbato.

Le persone sono in grado di trasformare la situazione prima di dover trasformare loro stesse per ricostruire ciò che la situazione ha danneggiato.

Non si tratta di una trasformazione fisica naturalmente, ma di quello che noi vediamo e pensiamo di una situazione, del modo di viverla.

 


Concordo con Serena: resistere non è una buona idea.
Ma spesso noi resistiamo.

La gente ci tratta male e resistiamo.
Una relazione ha dei problemi e noi resistiamo.

Ci troviamo di fronte a situazioni che ci mettono in difficoltà e noi resistiamo, teniamo duro, decidiamo di non mollare.

Ma resistere non è una buona idea.
Innanzitutto perché resistere stanca.

Magari ti trovi in una situazione che vivi male e resisti, stringi i denti, cerchi di lasciare andare la sofferenza perché speri che le cose cambino.

Non sai se cambieranno o quando, però intanto resisti.

Immagina una persona che scivola sul cornicione di un palazzo e riesce a reggersi con le mani da un bordo del cornicione stesso.

Si regge sospesa nel vuoto, sopportando il suo peso per non cadere nel vuoto.
Ora ti chiedo: quanto credi che potrà resistere in quella posizione?

Esatto: poco.
E non perché sia debole, senza volontà o fragile.
Semplicemente perché resistere in quella posizione è faticoso.
Per tutti.

Resistere significa logorarsi, perché stringere i denti e sopportare la sofferenza, stringere i denti e sopportare il malessere, significa stancarti.

Ogni giorno tu resisti, ma consumi tantissime energie per farlo.
Ogni giorno tu resisti, ma ti stanchi e la tua forza diminuisce ogni giorno.

Resistere ti logora lentamente, come la persona appesa al cornicione.

Non puoi resistere continuamente.
Alla fine crollerai, è solo questione di tempo.

La soluzione è una sola: risalire dal cornicione.
Stare in una posizione di incertezza e malessere ti sfianca.
Puoi resistere, ma non troppo.

Resistere va bene se è una risposta momentanea a un problema improvviso.
Resistere è un’emergenza.
Va bene, avere questa forza è importante.

Ma non puoi vivere in emergenza tutti i giorni.
Questo logora te e tutto quello che vivi.
Ogni relazione, ogni situazione con cui entri in contatto.

Sollevarsi dal cornicione significa avere una forza anche più grande di quella che ti serve per resistere, e con un vantaggio: non ti stanchi più.
Non ti logori più lentamente e silenziosamente ogni giorno.

Per cui osserva le situazioni in cui stai resistendo.
Hai due alternative: continuare a resistere o risolverle.

Se sono momentanee e di emergenza va bene resistere, se ne hai ancora la forza.

Altrimenti attenzione che crollare è un attimo, quando meno te lo aspetti.
Le tue emozioni negative sono un buon segnale di questa stanchezza.

Altrimenti le cose vanno risolte.
E ricorda che il problema non è il cornicione, che fa solo il suo mestiere: il problema è restarci appesi o continuare a camminare sul bordo in attesa di cadere.

Per cui se per resilienza intendiamo resistere, non è una cosa sana.
Vediamo una definizione molto più utile.

 

Resilienza (sana) per l’essere umano: la mia definizione

Di Serena Sironi.

Resilienza

Mi piace distinguere tra resilienza e resilienza sana.

Se parlo di resilienza sana, mi riferisco alla possibilità di essere felici qualunque cosa accada, prerogativa tipica e unica dell’essere umano.

Così, la miglior definizione di resilienza in ambito umano credo che sia: la capacità di non opporre resistenza a situazioni e problemi, imparando ad attraversarli trasformandoli immediatamente e costantemente in vantaggi.

Faccio spesso il paragone con un riciclatore di rifiuti.

Un rifiuto smette di essere tale esattamente nel momento in cui lo si trasforma in qualcosa di migliore.

Se lo metto subito nel riciclatore, non passerà un solo istante prima che il rifiuto smetta di essere tale.

Comincerà invece a trasformarsi fin dal primo istante anche se ancora non sarà diventato ciò che sarà alla fine del processo.

Certo, tu potresti dirmi che finché starà nel cassonetto continuerà ad essere un rifiuto, no?

Vero, ma quel tempo dipende solo da noi.

Per una persona quello è il tempo in cui permettiamo alle emozioni negative di restare dentro di noi.

Io metto il mio rifiuto nel cassonetto e in quel momento lo sto definendo tale. Ma si tratta di un passaggio necessario per la trasformazione e ha la stessa funzione delle emozioni negative per noi.

Un’emozione negativa non è sbagliata, ma ha l’importantissima funzione di avvertirci che stiamo andando incontro a un problema e che dobbiamo cominciare a trasformare.

Ma quell’emozione dura il tempo di un’istante se impariamo ad essere resilienti.

Imparare la resilienza sana e positiva significa molte cose che potrebbero essere raggruppate in quelle che la psicologia definisce come strategie di coping.

 

Ma prima di analizzare questo aspetto, vorrei aprire una parentesi sull’atteggiamento, punto centrale se parliamo di resilienza sana.

 

Il giusto atteggiamento per diventare resilienti

Di Gianluca Soffietti.

Resilienza significato

Marco e Francesco hanno preso un giorno di ferie ed escono per correre sulla strada che costeggia il mare del paese nel quale vivono. Quando non lavorano, infatti, amano correre per fare attività fisica e tenersi in forma.

Mentre corrono il cielo improvvisamente si scurisce ed in pochi minuti inizia a piovere.

Marco pensa di essere sfortunato, è iniziato a piovere proprio mentre lui corre, non sopporta i vestiti bagnati e rischia di prendersi il raffreddore anche con il vento che inizia a soffiare sempre più forte.

A lui piace il sole, l’azzurro del cielo e non sentire i piedi bagnati. Manca tutto quello che lui ritiene necessario per stare bene. Prova rabbia e nervosismo.

Dopo qualche minuto rinuncia alla corsa e rientra a casa provando delusione e tristezza che lo accompagnano per tutta la giornata.

Francesco pensa che correre sotto la pioggia può essere un’esperienza interessante, è contento di potere osservare i colori del mare che cambiano con l’arrivo delle nuvole e della pioggia, osserva la superficie del mare che inizia ad essere sempre più frastagliata dal vento.

Gli piace guardare con attenzione i gabbiani che volano tra la pioggia ed il mare facendosi cullare dal vento. Francesco sorride, è grato di potere osservare quanto lo circonda e corre felice.

Rientra a casa dopo avere terminato l’allenamento e si fa una bella doccia calda. Per tutta la giornata continua a provare serenità e gratitudine.

 

Marco e Francesco vivono la medesima situazione ma in modo profondamente diverso: con l’arrivo del maltempo Marco si sente sfortunato e vittima, Francesco, invece, fortunato e si gode la pioggia.

Qual è la differenza tra Marco e Francesco? Perché il primo è triste ed il secondo felice?

L’atteggiamento.

Non è la situazione, la pioggia, che determina lo stato d’animo di Marco o Francesco, ma l’atteggiamento con il quale ciascuno di essi sceglie di vivere quella determinata situazione.

Si, ho scritto “sceglie”.
Ciascuno di noi può scegliere, sempre, con quale atteggiamento vivere ciò che accade.

Il punto è che spesso non lo crediamo possibile, non ci insegnano che lo è.
Spesso, anzi, crediamo che sia naturale provare certe emozioni rispetto a determinate situazioni.

Questo lo dico per esperienza personale.

A me, per esempio, è capitato di essere una volta come Marco ed una volta, come Francesco.

Mi piace camminare a passo veloce ed adoro farlo vicino al mare. Più volte è capitato di bagnarmi sotto la pioggia mentre camminavo.

La prime volte sono stato decisamente Marco, ho avuto i suoi pensieri e sono rientrato a casa triste.

Le volte successive, invece, mi sono concentrato per avere un atteggiamento positivo sotto la pioggia.

Ho osservato incuriosito le persone che scappavano per trovare protezione dall’acqua, ho soffermato la mia attenzione sull’aumento della frequenza e della grandezza delle onde che si infrangevano lungo la costa, ho guardato divertito i gabbiani giocare con il vento e la pioggia… sono stato bene anche se ero sceso immaginando di correre sotto il sole.

La situazione era la stessa ed io ero sempre “io” ?
Il diverso atteggiamento è quello che fa la differenza tra il vivere in modo positivo o, negativo le situazioni.

Ciascuno di noi può sempre scegliere e questo vale per le “piccole” situazioni di ogni giorno (come bagnarsi sotto la pioggia, rimanere bloccati nel traffico, perdere la coincidenza per arrivare puntuale in ufficio) così come per le “grandi” situazioni (perdita del lavoro, una malattia, una separazione dal proprio partner, un tradimento…).

Penso  alle tantissime persone che dopo delle menomazioni importanti subite per una malattia o per un incidente riescono a fare cose straordinarie ed a trasmettere ad altri gioia e serenità (es. Alex Zanardi, Bebe Vio o a tutti gli atleti che partecipano alle para-olimpiadi).

Sono tantissime le testimonianze di persone che hanno reagito con resilienza difronte a situazioni molto, molto difficili ed impegnative. Questo prova il fatto che vivere in modo positivo e costruttivo o, in modo negativo e passivo, non dipende dalla situazione in sé, ma da come ciascuno di noi sceglie di reagire.

Per capire ancora meglio cosa sia la resilienza è molto utile andare a capire quello che secondo me è il suo opposto: il vittimismo.

Per essere resilienti è fondamentale compiere un cambio di prospettiva: i problemi non sono “miei” ma “per me”, non sono ostacoli ma opportunità per diventare più forte, per capire cose nuove, per crescere.

Se deciderò di porre la mia attenzione, i miei pensieri sul problema, sull’ostacolo, sulla mancanza tenderò verso il vittimismo e la tristezza, se deciderò di porre la mia attenzione ed i miei pensieri sull’opportunità, sulle possibili alternative, sul capire come crescere allora, tenderò alla resilienza ed alla felicità.

Ciascuno di noi può imparare a decidere dove porre la propria attenzione, i propri pensieri e, quindi, se essere attivi (resilienti) o passivi (vittime).

La nostra attenzione, i nostri pensieri sono figli di abitudini e non di qualcosa di naturale. Se sono abitudini, possono essere cambiate allenandosi ad acquisire una nuova abitudine.

Per riuscirci è opportuno allenarsi ogni giorno nelle piccole situazioni in modo da essere pronti per eventuali situazioni più impegnative. Ad esempio iniziare a fare ogni giorno dei piccoli esercizi:

  • Ogni giorno appena ti svegli scrivi almeno 5 cose positive che ti circondano appena sveglio e, prima di andare a dormire, 5 cose positive che hai fatto durante la giornata.
  • Ogni giorno cerca una notizia o un fatto di cronaca ed impegnati ad individuare in ciascuna di esse almeno un aspetto positivo.
  • Per ogni problema, anche il più piccolo, prova ad individuare almeno due soluzioni alternative per poterlo superare o gestire;
  • Dedica ogni giorno una parte del tuo tempo (almeno 20-30 minuti) ad una attività che ti piace;
  • Cura il tuo sonno: impegnati a riposare il tempo sufficiente e necessario per non essere stanco.

 

Semplici e pratici consigli per iniziare a cambiare il tuo atteggiamento.
Adesso torniamo da Serena per analizzare le cosiddette strategie di coping sane e quelle negative.

 

Strategie di coping, sono tutte positive?

Di Serena Sironi.

Resilienti

Le strategie di coping sono tutti quei comportamenti che possiamo usare per far fronte a situazioni negative e problemi, ma non tutte possono essere positive per noi.

Potremmo trovare giustificazioni per fingere che il problema non esista, nasconderlo sotto varie fonti di piacere che potrebbero sfociare in dipendenze varie, potremmo anche rimuoverlo letteralmente dalla nostra memoria, cosa che personalmente ho visto spesso nelle persone.

E’ incredibile cosa può fare la nostra mente!

Potremmo nasconderci il problema distraendoci nei modi più vari, come sfuggirgli allontanando noi dai problema o il problema da noi.

Questo potrebbe significare, andarsene fisicamente, o tagliare i rapporti con persone che ci impediscono di vivere come vorremmo, rimandare decisioni spiacevoli e altro.

Potrei parlarti di molte altre strategie negative che possiamo adottare, ma il mio obiettivo è quello di farti conoscere quelle positive.

La nostra capacità di resilienza interviene quando ci troviamo di fronte a una potenziale situazione di stress.

Quando parlo di stress, parlo della condizione fisica ed emotiva che viviamo ogni volta che percepiamo qualcosa come più grande di noi, troppo grande per poterlo gestire.

Ho sottolineato il termine “percepiamo” perché in realtà si tratta sempre di quello che noi vediamo della situazione e di come immaginiamo di poterla (o di non poterla) gestire.

Occhio, non ho parlato di “eliminare”, ma di “gestire”.

Non possiamo mai controllare la situazioni ed eventi che non dipendono da noi, ma possiamo sempre scegliere come viverli e gestirli.


Cambiamento: ciò che non conosci fa paura!

Di Francesco Chioda.

Resiliente

Ho trovato molte definizioni di resilienza in rete e mi ispirano alcune prime riflessioni:

  • Resilienza è sinonimo di elasticità, la mia capacità di piegarmi senza spezzarmi, la capacità che ho di adeguarmi in modo positivo ad un urto.
  • Il concetto di “evento traumatico” è terribilmente soggettivo. La stessa cosa può essere un trauma per me ma non per altri, per cui deduco che anche la resilienza sia una capacità che sviluppiamo in modo del tutto personale.
  • Immagino la resilienza di ognuno strutturata a macchia di leopardo, posso essere elastico e pronto al cambiamento in alcuni ambiti e non in altri e questo lo devo alla mia cultura, alle mie esperienze, alla mia formazione. Sono resiliente tanto quanto nel tempo ho maturato la capacità di esserlo.

Mi pongo una prima domanda: esiste un limite alla resilienza oppure (davvero) tutto può essere assorbito e affrontato in modo positivo?

Per rispondere a questa domanda ho un esempio di resilienza davvero significativo: Ambrogio Fogar.

Ambrogio è stato un navigatore e un presentatore televisivo, ma soprattutto un esploratore italiano a cavallo tra gli anni 70 e 90. Le sue imprese, al limite delle capacità umane, sono divenute leggendarie.

Tra le tante il giro del mondo in barca a vela in solitaria, evento durato 13 mesi ritenuto all’epoca impossibile. Dopo una vita di successi e celebrità nel 1992 resta vittima di un incidente stradale che lo costringerà alla paralisi totale.

Per il resto della sua vita ha convissuto con un congegno elettrico in grado di stimolare il suo diaframma per indurre la respirazione e consentirgli di parlare.

Riporto alcune frasi di un’intervista del 1997: “vorrei che voi trovaste il modo di riflettere, al di là dell’aspetto spettacolare della mia vita esterna, sul fatto che ognuno di noi non deve mollare mai”.

Sono attaccato con le unghie e con i denti a questo scampolo di vita e ho cercato tutti i costi di riorganizzarmi, di non subire e di essere di nuovo protagonista delle mie scelte” e “Ho smesso di chiedermi il perché mi sono successe queste cose, non c’è una risposta, ho imparato ad accettare senza subire”.

 

Certo possono apparire come classiche “frasi fatte”, ma pronunciate da un uomo che ha saputo affrontare un cambiamento così radicale, ai miei occhi diventano una grande lezione di vita.

Il concetto chiave è senza dubbio accettare e non subire un cambiamento!

Fermiamoci un attimo e fai il test sul cambiamento creato da Giacomo.

 

Noto quasi tutti i giorni quanto le persone siano restie ad accettare un cambiamento, anche quando è piccolo ed innocuo.

Noto questa tendenza parlando con amici che mi confidano una difficoltà che non riescono a superare, ma che difficilmente accettano di modificare il loro punto di vista ed il loro approccio.

Lo noto nella mia professione quando propongo ai miei colleghi una modifica nel procedimento di lavorazione della carne, cercando di rendere il tutto più efficiente, meno pesante.

Il semplice pensiero di provare un’alternativa, un punto di vista differente, viene percepito come un azzardo. Il cambiamento fa paura!

La tendenza è quella di percorrere sempre la stessa strada, gli stessi pensieri, le stesse emozioni, e di considerare questa strada una “sicurezza”, allontanandosi dalla quale ci si sente smarriti e disorientati.

Il problema spesso non è il cambiamento in sé, ma la tendenza a rifiutarlo a priori.

In questo senso resilienza, intesa come capacità di adeguamento ad una nuova situazione, la percepisco soprattutto come capacità di rinunciare alle proprie “certezze”.

Cosa faccio se non sono pronto a fare a meno delle mie certezze?

Come posso accettare un divorzio, un licenziamento, un trasferimento, la fine di un’amicizia, una menomazione fisica in modo positivo?

Parlando di fede l’esploratore si esprime così: “è presuntuoso pensare di trovare Dio in questa vita ma è obbligatorio cercarlo e quel cercare è già di per sé un trovare”.

Penso che questa frase sia la più significativa dell’intervista. Se è “presuntuoso” pensare di trovare Dio, allo stesso tempo è “obbligatorio” decidere di “cercarlo” e questa scelta è già di per sé un “trovare”.

  1. Sono resiliente tanto quanto sono disposto a rinunciare alle mie certezze.
  2. Sono resiliente solo se scelgo io in qualunque contesto di iniziare ad esserlo.
  3. Sono pronto al cambiamento se sono disponibile a mettermi in gioco, costi quel che costi.

Sono resiliente tanto quanto sono disposto a pagare il prezzo di un cambiamento in termini di impegno e pazienza.

Fogar non avrebbe potuto essere più profondo nello spiegare con quale atteggiamento ha affrontato il suo trauma. Di fronte alle avversità posso scegliere di non subire perché questa scelta è sempre e comunque alla mia portata.

Questo aspetto suscita in me la consapevolezza di poter “fare qualcosa” anche di fronte al cambiamento più inaspettato. L’intervista si conclude con questo scambio tra il cronista e Fogar:

Senta Fogar da dove le viene questa forza?

Me lo chiedo anch’io! È una forza che mi ha accompagnato per tutta la mia vita e tranne quei mesi di rifiuto della vita stessa ho sempre avuto una forza che si è affinata con gli anni e con le esperienze ed è una forza che risponderà a questa situazione e che mi fa parlare con voi con molto piacere”.

 

E io non credo che la “forza” capiti.
Si tratta di cambiare punto di vista, innanzitutto.

 

Da negativo a impegnativo, da impegnativo a positivo

Di Serena Sironi.

Significato resilienza

Guardare a una situazione negativa fermandosi a quel giudizio non è reale. La prima cosa che puoi fare è quella di imparare a definire i problemi.

Come ti ho detto prima, tutto ciò che è indefinito, appare senza confini e quindi, ovviamente, più grande di noi.

Definirli significa guardarli da vicino, comprenderli per capire.

  1. Perché quel problema è un problema?
  2. Cosa ci impedisce di ottenere?
  3. Quali aspetti del problema ci impediscono di ottenere ciò che ci interessa?
  4. Ed esattamente a cosa ci serve ottenere proprio quella cosa?

Dare al problema una forma e una dimensione toglie il pane all’incertezza. Gli impedisce di crescere ed evita che il problema diventi più grande di noi e ci travolga.

Quando capisci a cosa ti serve ottenere proprio quella cosa, allora puoi cercare una soluzione che ti permetta di ottenere lo stesso senza cambiare la situazione.

Una soluzione che funziona di sicuro c’è ed è certamente realizzabile quando dipende esclusivamente da te.

Quando l’hai trovata non ti resta che metterla in pratica anche se farlo potrebbe essere scomodo, faticoso, anche doloroso a volte.

Allora la situazione non sarà più negativa, ma diventerà impegnativa, magari molto impegnativa, ma potrai sempre trasformarla in positiva.

E questo avverrà appena avrai raggiunto l’obiettivo che ti sei posto, o posta e che hai costruito con impegno. Ecco perché l’ho definita impegnativa 😉

Te lo ripeto, se ci metti impegno puoi sempre, e dico SEMPRE, trasformare una situazione negativa in una situazione positiva.

Certo, forse avresti preferito soluzioni più comode, o forse ti aspetti qualcosa di diverso.

Ma se sono soluzioni è perché risolvono il problema e questo ti permette di vivere in ogni situazione comunque e sempre senza perdere la felicità.


Storia (vera) di una normale (come te) ragazza resiliente

Di Megumì Campanella.

Significato di resilienza

Vera perché ho assistito personalmente a questi fatti.

Una persona che conosco bene, va a trovare quasi ogni mese, da circa 25 anni, il padre anziano che vive da solo in un’altra città.

Lui è molto chiuso ed estremamente selettivo ed è sempre pronto a litigare con tutti, è sempre convinto di avere ragione e aggredisce le persone, compresa la figlia, quando fanno o dicono qualcosa che va contro le sue idee e i suoi principi.

E questo lo ha portato ad essere ancora più solo. Non vuole mai nessuno in casa, compresi gli operai (soprattutto gli operai!) per cui vive in una casa sempre più vecchia e malandata, che riempie sempre più di oggetti, spesso inutili ma che rifiuta di buttare, quasi a colmare un vuoto immenso che sente nel cuore.

Dorme su un letto tenuto su da pile di vecchi giornali, su un materasso vecchissimo e strappato che rifiuta di sostituire, rubinetti fuori uso, senza riscaldamento né stufe.

La figlia ha sempre trovato estremamente faticoso e doloroso andarlo a trovare, nonostante non abbia mai saltato una visita in tutti questi anni. Voleva tener fede alla tacita promessa fatta alla madre: si sarebbe presa cura fino alla fine dell’uomo che lei aveva tanto amato anche in mezzo a tante difficoltà.

Ma quanto le era costato, in termini di sofferenza, di disagio, fisico ed emotivo! Ogni volta che si trovava lì, iniziava a contare i giorni che la separavano dal ritorno a casa sua.

Il freddo, l’umidità, la sporcizia estrema, il carattere impegnativo del padre, la casa sempre strapiena di chili e chili di roba della campagna da riportare in pesanti zaini e borsoni per accontentare il padre, per il quale la campagna era ormai l’unica ragione di vita.

Per lei era uno sforzo enorme, e con il padre spesso ci litigava perché le scappava una parola di troppo, per poi pentirsene subito dopo.

Si era sentita in tutti questi anni così infelice e sola, con un carico gigantesco da portare sulle spalle, fisico ed emotivo, era spesso paralizzata dalla paura per il futuro e dalla sofferenza per il presente, al punto da iniziare a pensare che la sua vita sarebbe iniziata soltanto dopo la morte del padre.

E per quanto si sforzasse, non riusciva a volergli davvero bene, perché lo considerava per tanti motivi causa della sua sofferenza.

Questa ragazza anche nel 2020 è andata a passare il Capodanno con lui. A causa delle restrizioni dovute all’emergenza Covid, il padre era da mesi particolarmente aggressivo, amareggiato e con i nervi a fior di pelle. La casa particolarmente sporca e umida, lo spazio per muoversi dentro casa sempre più ristretto.

E, ciliegina sulla torta, aveva anche ricominciato a piovere dentro casa probabilmente per una tegola rotta…
Ma qualcosa era cambiato.

So che lei non è mai stata così pienamente felice e serena come in questi giorni.

Scherzava con il padre, lo prendeva in giro per ridere insieme a lui, e quando lui iniziava le sue filippiche piene di rabbia e di odio verso tutti rimaneva in silenzio anziché ribattere infastidita ma al momento giusto riportava la sua attenzione sulle cose pratiche da fare, riuscendo così a distogliere la sua attenzione dal suo rimuginio senza fine.

Cucinava insieme a lui divertendosi, ridendo con lui del fatto che non c’era spazio neanche dove appoggiare una forchetta nel caos della cucina.

Gli è stata vicino amandolo davvero, senza mai giudicarlo o pretendere di cambiarlo ma mostrandogli nei momenti di calma un approccio diverso e non smettendo mai di essere lei per prima un esempio tangibile di ciò in cui crede profondamente e del percorso che ha ormai da anni intrapreso.

E soprattutto, per la prima volta in vita sua, ha trascorso quei giorni senza mai provare emozioni negative.

Ma che cosa era successo? E che cosa era cambiato?

In realtà, la ragazza di cui ti parlo, non ha conquistato tutto questo cambiamento in un solo giorno, e so che ci lavora senza sosta da anni.

Dal momento in cui, forse una decina di anni fa, ha fatto questo pensiero: “se una situazione non è in mio potere cambiarla, e se comunque io da mio padre ho deciso che ci andrò sempre e comunque, tanto vale che ci vada con il sorriso anziché stare male“.

E le montagne di verdure che neanche le piacevano? Avrebbe certamente potuto dire al padre che non le piacevano, che non le avrebbe volute portate con sé. Ma sapeva quanto lui ci tenesse e quanto fosse per lui importante, e lei voleva farlo.

Ricordo che tempo fa aveva iniziato a cercare su internet ricette sfiziose con cui utilizzare quelle verdure, e  man mano non solo non sentiva più il peso del lavoro e della fatica, perché sceglieva di farlo al meglio, magari organizzandosi.

La sera che in casa non c’era acqua approfittava per tagliarle ed eliminare gli scarti, e la mattina con l’acqua corrente in abbondanza le lavava e le cuoceva, alternando anche altre attività per evitare di diventare lei stessa una verdura 😀

E quanto era contenta, già da qualche anno, di provare una nuova ricetta, di cui poi raccontava al padre. E quanto lui era felice, di potersi sentire presente, attraverso i prodotti della sua amata campagna, anche dopo giorni e settimane che la figlia era tornata nella sua città 🙂

Quando ho chiesto a questa ragazza quale fosse la cosa principale che aveva fatto, mi ha risposto: “sono partita probabilmente dall’imparare a star bene, ma veramente bene e senza riserve, anche in condizioni estreme di disagio, di freddo, (o di caldo torrido in estate), di sporcizia, senza chiudere gli occhi e rifiutare niente (anche se si fosse trattato della cosa più sporca o schifosa o “inaccettabile”) ma semplicemente osservando con serenità e vedendo se c’era qualcosa che potevo fare per lasciare, dopo la mia partenza, un ambiente un po’ più ospitale per mio padre“.

Riuscire a fare a meno di tutto, non ritenere nulla inammissibile o impossibile.

Se non fosse partita dall’accogliere con serenità e senza opporvi una dolorosa quanto inutile resistenza ciò che aveva davanti, come avrebbe mai potuto avere la forza e la voglia di dare il suo contributo e di continuare ad amare il padre?

Se qualcosa la temi e non sai gestirla, puoi soltanto chiudere gli occhi e scappare. O prendertela con chi ritieni responsabile delle tue emozioni negative, precludendoti così l’opportunità di poterlo amare e aiutare.

Come poteva quella ragazza stare vicino al padre, ed essere disposta anche a rimanere per più tempo all’occorrenza per aiutarlo, se per lei era impossibile, o comunque estremamente scomodo e doloroso restare in quella casa con lui?

Altra cosa che mi ha confidato di aver fatto: non fermarsi mai al problema ma cercare e trovare subito alternative e soluzioni, con creatività e allegria, nell’intima incrollabile certezza che c’è sempre una soluzione a qualsiasi cosa.

Lei ad esempio si è sempre lamentata del vetro della finestra rotto in cucina. Lo associava al degrado, al freddo, alla trasandatezza. E si ritrovava spesso, con angoscia e tristezza, a paragonare le persiane nuove e verniciate dei vicini a quelle rotte e scrostate di quella che era stata un tempo la casa in cui era cresciuta.

Ma questa volta, tolto subito di mezzo il giudizio, si è detta:

“Posso scegliere. Tengo l’imposta chiusa, come fa mio padre, per non avere freddo, ma rimango al buio, e io invece amo la luce del sole, soprattutto in cucina, oppure  la apro ma muoio di freddo e mi verrà il torcicollo, e anche questo non mi piace…

Soluzione immediata: apro l’imposta e mi copro il collo con una bella sciarpa! Ma in tutta quella confusione non ci sono o non si trovano sciarpe: bene! Prendo in prestito la prima cosa di lana di forma simile che trovo e me la metto al collo!”

Alla fine, so che ha optato per dei fuseaux del padre e sapessi com’era felice di avere luce e calore al tempo stesso 🙂

E non perdeva mai l’occasione per soffermarsi su tutto ciò che di bello e positivo la circondava: si ricordava di interrompersi a volte per affacciarsi alla finestra e ammirare il meraviglioso cielo azzurro, la tenerissima cucciolata di gattini appena nati nel cortile condominiale, la gioia di poter essere utile e di donare dei giorni un po’ più sereni al padre, un letto dove poter dormire la sera (e non era certo scontato per lei! quante volte negli anni passati aveva dormito su un materasso gonfiabile a terra che spesso si bucava lasciandola letteralmente sul pavimento gelido? :D)

Molte volte, nel vedere tutto il lavoro da fare, si scoraggiava, deprimendosi e non riuscendo a fare nulla, paralizzata dalle sue emozioni non negative ma negativissime. “Se tanto in pochi giorni non riesco a sistemare tutto, tanto vale non fare niente” era il suo pensiero. Eppure ultimamente aveva imparato a partire da ciò che poteva in quel momento fare”.

Piccole cose, ma piccole cose che possono fare una grande differenza. Un piano cottura pulito, un frigo sbrinato e lavato, i calzini rammendati, il lavello sgombro e pulito…

Pensi che non sia possibile? Pensi che questa ragazza sia solo una mia bella invenzione per intrattenerti con una bella storia?

Il suo nome è Megumi, ed è la persona che conosco meglio al mondo… una normalissima e comunissima ragazza che più di una volta in passato, in preda alla disperazione, aveva pensato di farla finita con una vita che secondo lei era solo sofferenza, problemi, ostacoli e mancanza di libertà.

Un normalissimo essere umano come te, che ha semplicemente scoperto che non esiste nulla, ma davvero nulla di impossibile, e che non c’è niente di cui non possiamo fare a meno se non siamo noi per primi a darci dei limiti.

Limiti che non mettiamo in discussione continuando a credere in regole e convinzioni magari condivise da quasi tutti ma che non possono darci la Felicità, quella che può dimorare soltanto dentro di noi e che niente e nessuno può portarci via, e quella senza la quale ci sarà estremamente difficile, se non impossibile amare davvero noi stessi e gli altri 🙂

 

Perché tutto sia possibile basta imparare a creare la propria fortuna.

 

Creare la propria fortuna per trasformare tutto in opportunità

Di Serena Sironi.

Rsiliente cosa significa

Molto spesso guardiamo al cambiamento come a un nemico, qualcosa di negativo che potrebbe mettere in discussione le nostre certezze.

Ma una sana resilienza comincia dove il negativo diventa solo diverso o, meglio ancora, positivo.

Per fare questo passaggio è necessario imparare a guardare alla situazione come un’opportunità.

Nella mia vita mi è capitato spesso di sentirmi fortunata, molte volte le cose sembravano andare esattamente nella direzione che volevo io.

Nel tempo però ho imparato che la fortuna non è un caso, ma siamo noi a crearla.

Riflettendo su questo aspetto, mi sono accorta che imparare a creare la propria fortuna significa semplicemente imparare a cogliere le opportunità che la vita costantemente ci riserva.

Ma questo cosa significa esattamente?

Cogliere le opportunità significa saper vedere in anticipo i lati positivi delle cose per andare proprio in quella direzione.

Fare questo passaggio però richiede di sviluppare creatività e imparare a trovare soluzioni.

Con la creatività potremo andare oltre alle apparenze e immaginare strade poco o per nulla evidenti.

Le più grandi scoperte scientifiche sono frutto di ipotesi apparentemente impossibili!

Trovare soluzioni ci permetterà poi di rendere possibile ciò che sembrerebbe non esserlo.

Naturalmente alla base di tutto questo deve esserci una visione positiva che ci rende capaci di credere che una buona strada può sempre esistere.

Creare la propria fortuna significa trasformare ogni situazione negativa in una situazione positiva.
E non capita…

 

 

5 passi per scegliere la tua fortuna

Di Pamela Bembi.

Che cos'è la resilienza

Il bambù che si piega è più forte di una quercia che si spezza” (Proverbio giapponese)

Per me resilienza è ciò che porti dentro qualunque cosa accada.

Capacità di affrontare le tempeste come un bambù, non facendo resistenza come la quercia rischiando di rompersi.

Questa flessibilità però, si acquisisce con il tempo. Il tempo è un elemento necessario che, accompagnato ai giusti mezzi, permettono questa trasformazione.

Nella scuola di Giacomo, una frase mi ha tanto sollecitata: “Tutto quello che sai, non serve a niente se non lo metti in pratica”.

Posso dirti con franchezza che anche ora, mentre scrivo, sono nel pieno di una tempesta ma, posso sfruttare questo momento per crescere, capire, agire oppure, abbattermi.
Io ho scelto.

Intendo agire e nel mentre agisco, ho individuato 5 punti per me essenziali che mi aiutano ad allenare la mia flessibilità da bambù:

  1. L’emozione nasce sempre come una reazione valutativa a quanto ci accade. Non è mai la situazione a generare le nostre emozioni, mai. Lo è sempre e solo quello che pensiamo della situazione che viviamo. Questo passaggio è fondamentale da capire per cui, se non sai cosa sia l’indipendenza emotiva, ti consiglio di leggere questa pagina.
  2. Nessun giudizio. Quando mi accade qualcosa di inaspettato, un evento forte, impegnativo, non mi serve a nulla dire che tutto ciò è ingiusto. Questa forma di giudizio, non fa che aumentare la mia rigidità e paura verso una situazione che non posso evitare e con la quale devo farci comunque i conti.
  3. Accettazione. È una conseguenza naturale del punto precedente. Quando durante la giornata ritaglio del tempo per me, per restare sola, magari facendo due passi immergendomi nella natura, tutto mi pare più chiaro: il susseguirsi delle stagioni, il ciclo della vita, il mio respiro, il battito del mio cuore, la gravità che mi spinge verso terra, … di tutto questo non ho controllo, ma tutto concorre alla vita. Non accettare vuol dire pretendere che tutto vada come vogliamo ma non facciamo che auto-alimentare il nostro malessere.

Mi viene in mente in questo momento, l’immagine del burattinaio che muove le marionette con i fili.

Ecco, questo è quello che vorremmo fare nella nostra vita con le persone, le situazioni, gli eventi, ma non è possibile perché molte cose, e all’esterno di noi, sono fuori dal nostro controllo.

Quando vi è accettazione, i fili vengono tagliati e lasciamo la possibilità ad eventi, persone, cose di essere ciò che devono essere.

Cosa ostacola il passo dell’accettazione? La paura, solo ed unicamente lei, si, l’esatto opposto dell’amore!
Paura di non farcela, paura di non essere all’altezza, paura di essere schiacciati da una situazione che pare più grande di noi, paura…

Bene, tutte le emozioni negative derivano sempre e solo dalla paura e questa, si alimenta di quattro ingredienti: pretesa, egoismo, dipendenza, debolezza mentale.

A tal proposito, se non lo hai ancora scaricato, ti consiglio di dare un’occhiata all’e-book di Giacomo scaricabile gratuitamente ?

Con l’accettazione, si comincia a respirare davvero, lasciamo che nei nostri polmoni entri aria fresca, si intravede la luce, io, mi sento libera! Libera di essere, di agire, di capire.

Non posso controllare alcuni eventi ma posso controllare l’unica cosa che è sotto il mio controllo: il modo di reagire ad essi!

Ecco perché accettare è molto diverso da subire. Equanimità è la parola giusta che si riflette nel momento in cui si passa all’accettazione ossia, serenità d’animo.

  1. No stasi. Se accetto una determinata situazione e non la subisco, posso chiedermi: quali strade, alternative, posso trovare? In quale modo posso migliorare la situazione nonostante questa difficoltà? Cerco spunti, riflessioni, leggo libri sull’argomento che possano aiutarmi, chiedo aiuto per comprendere alcuni passaggi e vivere in modo propositivo la situazione.
  2. Dare un senso a ciò che mi accade anche quando pare non averne affatto. Nulla avviene per caso.
    Compreso questo, ri-valuto, dono nuova vita alla situazione e comincio a chiedermi:

    • Cosa sto imparando da tutto ciò?
    • Quali sono i miei punti deboli che vanno rafforzati?
    • Se una persona fosse nella mia situazione, cosa le consiglierei per aiutarla ad affrontare tale circostanza in modo nuovo?
    • Cosa c’è di positivo in ciò che mi accade?

Questi 5 punti sono diventati dei pilastri che mi permettono di scegliere e muovermi, dicendola con un vocabolo tanto di moda, di essere resiliente.

Ti propongo a questo punto, 5 esercizi che possono aiutarti concretamente perché per me sono davvero importanti:

  1. Diario emotivo. In questo modo si diventa più consapevoli delle proprie emozioni, delle regole più profonde radicate in noi, delle pretese che si nascondono molto bene, scrivilo spesso. Se non sai come farlo, trovi una guida qui, se hai dubbi scrivi nel forum, non farti problemi ?
  2. Esci dalla zona di confort, cerca di sviluppare elasticità mentale facendo in modo diverso, azioni che generalmente fai allo stesso modo, come ad esempio vestirti prima di fare colazione al mattino, applicare una routine allo stesso modo ogni giorno, sederti a tavola allo stesso posto, fare la stessa strada per andare al lavoro, ecc.. Fallo diverso!
  3. Davanti ad ogni situazione che reputi negativa, trova almeno una cosa positiva (lo aveva suggerito anche Gianluca, ma ripeterlo è meglio).
  4. Cerca alternative, soluzioni, chiedi aiuto senza pretenderlo, crea un piano B,
  5. Credi nell’amore e scegli di applicarlo nella tua vita: è l’unica fonte perfetta di sicurezza interiore. Cosa fa una persona che ama? Non giudica, Dà il massimo, Perdona, Accetta, Comprende.

Colui che ama, fa tutto senza fatica oppure, ama la sua fatica” (Bernadette di Lourdes)

Così ogni giorno, scegliendo l’amore costruisco dentro di me la certezza che posso farcela.

Non è facile, non si finisce mai di imparare, ma amo la mia fatica, grazie ad essa do spazio alla vita permettendomi di divenire la migliore versione di me.

Tu, cosa scegli?

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5 Verità sulla Tua Vita

Ci sono 5 verità che ti riguardano da vicino e che in questo momento stanno decidendo chi sei, se sei felice, perché hai trovato il mio sito.
In 5 semplici domande ti aiuterò a scoprirle, capirle e dominarle.

L'autore: Giacomo Papasidero


Mental Coach dal 2010, mi occupo di felicità ed emozioni da oltre 10 anni.
Il mio obiettivo è insegnare che ognuno di noi può diventare più forte di qualsiasi problema. Questo per me significa diventare felici.

Anche se ho tenuto un seminario all'Università di Parma e sono stato ospite a SKyTg24, la cosa di cui vado più fiero è la Scuola di Indipendenza Emotiva che ho avviato formalmente nel 2018, perché è un percorso chiaro, graduale e concreto che sta rivoluzionando la vita di tante persone.

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