Ti voglio bene.
O ti amo?
Di solito tendiamo a separare nettamente le due cose.
Dire ti amo a qualcuno riguarda il mondo della coppia, spesso “amore” se lo dicono due partner, magari i genitori chiamano così i figli (soprattutto finché sono piccoli), e poco altro.
E la differenza tra “ti voglio bene” e “ti amo” pensiamo sia legata così alla relazione.
Di solito ci sono 3 livelli:
- Una persona speciale a cui dire “ti amo” (e dirlo identifica chi sia questa persona speciale).
- Poche persone speciali (un po’ meno della prima a essere onesti) a cui dire “ti voglio bene”.
- E poi tutti gli altri, magari simpatici, ma tenuti a debita distanza.
Sarebbe strano dire ti amo alla mamma, al cugino, a un amico.
Eppure mi ha sempre colpito che nella lingua inglese “i love you” viene usato indistintamente verso la mamma, la fidanzata, il figlio, il calcio o il cioccolato.
La nostra lingua, quindi, condiziona anche i nostri sentimenti?
Forse.
Andando oltre le parole possiamo scoprire il vero significato di quel “ti voglio bene”, quando dirlo e quando invece ci sta un bel “ti amo” e anche nuovi modi per condividerlo:
- Cosa significa esattamente “ti voglio bene”?
- Differenza tra voler bene ed essere grati (sembra poco, ma è tantissimo!).
- Quando dire “ti amo” e quando invece è meglio “ti voglio bene”.
- E se fosse tutto al contrario (il “ti voglio bene” più impegnativo del “ti amo”)?
- Ma tu ti vuoi bene (e come iniziare con 3 semplici gesti).
- Dal tvb al ti voglio bene (la giornata mondiale dell’abbraccio).
Cominciamo dal mio test sulle relazioni.
Ti voglio bene, cosa significa esattamente?
Una mattina sono sceso a camminare vicino al mare.
Ad un certo punto ho sentito un signore che salutava in modo allegro un amico e gli urlava, mentre correva, “ti voglio bene!”.
Che bel modo di salutare, eh?
Non è frequente incontrare persone che si salutano così. Ho potuto vedere come quel saluto avesse provocato emozioni positive in chi lo rivolgeva ed in chi lo riceveva.
Ho osservato che quel saluto è piaciuto anche a me che semplicemente ascoltavo e vedevo, ed ho provato emozioni positive.
“Ti voglio bene”.
Sono tre parole che possono avere un effetto molto positivo su chi le pronuncia e su chi le riceve.
Ma è sempre così?
Ho pensato, allora, ad altre situazioni in cui ho ascoltato il “ti voglio bene”.
Ho ripensato a quando un mio amico cercava qualcuno che lo aiutasse a svolgere un trasloco e per chiedere supporto si è rivolto ad un’altra persona in questo modo: “jà, ti voglio bene, porta queste scatole al piano di sopra”.
Mi è anche venuto in mente di quando ho osservato un padre dire al proprio figlio “se non mi aiuti a mettere in ordine casa vuole dire che non mi vuoi bene”.
In queste ultime due situazioni ho provato sempre emozioni positive come nel primo caso? Ho visto che le persone che rivolgevano e ricevevano il “ti voglio bene” hanno sorriso e provato e emozioni positive?
La risposta è no.
Per quale motivo visto che le tre parole, “Ti voglio bene”, sono identiche?
Che cosa significa “ti voglio bene”?
Sul dizionario Treccani leggo: “volere bene a qualcuno, essergli affezionato, avere affetto, amore per lui, propriamente augurare il suo bene”.
Nel leggere questa definizione provo emozioni positive: mi piace l’idea di volere bene e di essere voluto bene in questo modo.
Ma c’è qualcosa che non torna se ripenso alle tre situazioni che ho descritto sopra e rispetto alle quali le emozioni provate non sono state sempre positive.
Cosa determina nell’uso del “ti voglio bene” il provare o meno emozioni positive?
Dopo averci riflettuto, penso che la risposta sia nella gratuità dell’atteggiamento che provo e vivo nel dire “ti voglio bene”.
Nella persona che ha urlato sorridendo all’amico “ti voglio bene” ho sentito allegria, entusiasmo, assenza di pudore, passione. L’ho sentito come gratuito, ossia, non interessato ad avere qualcosa in cambio.
Negli altri due casi il “ti voglio bene” è stato utilizzato come “merce di scambio”: visto che io ti voglio bene tu mi devi aiutare, tu devi studiare altrimenti io non ti voglio più bene. Manca la gratuità.
In questi casi io dico: io ti voglio bene a patto che tu faccia una determinata cosa.
Come dire, se tu ti comporti e parli come dico io, come io reputo che sia corretto e giusto fare, allora io ti voglio bene. Se non lo fai, io non ti voglio bene.
Un esempio molto concreto l’ho osservo quando mi relaziono con i miei figli.
Se loro fanno quello che io penso che sia il loro dovere come mettere in ordine le cose, faccio meno fatica a volere loro bene con entusiasmo, con il sorriso.
Le cose cambiano se loro non ascoltano, non studiano. Ho osservato che più facilmente mi arrabbio e pretendo che loro facciano quello che “si deve fare”. In questi casi nessuno di noi è sereno ed ognuno rimane nelle proprie posizioni.
Se invece, riesco a mantenere la calma e la serenità, più facilmente trovo strade alternative per relazionarmi con loro ed è più probabile che loro scelgano spontaneamente di studiare o mettere in ordine.
Penso, allora, che il punto centrale per provare emozioni positive nel volere bene sia l’assenza di condizioni, la gratuità.
“Ti voglio bene” vuole dire, quindi, io provo affetto per te, io tengo al tuo benessere, sono interessato a te, desidero che tu sia felice indipendentemente da quello che tu fai per me, anche se non ti comporti come io ritengo giusto comportarsi.
Riflessioni molto interessanti.
Così a volte diciamo “ti voglio bene” solo per avere in cambio qualcosa, o se lo riceviamo.
E qui nasce un’altra considerazione su cosa confondiamo con il bene…
Ti voglio bene o ti sono grato?
Recentemente ho sentito il bisogno di scrivere a una mia collega “ti voglio bene”.
Ora che ci penso, lo stesso impulso spontaneo e impellente che avevo avuto anche lo scorso anno nel mandare i miei auguri di Natale a Giacomo 😀
Ma, nel riflettere sul senso più profondo dell’espressione “ti voglio bene”, mi sono chiesta: davvero io so che cosa significa veramente “voler bene”?
E, tutte le volte in cui l’ho detto a qualcuno, sapevo davvero ciò che stavo dicendo?
Così ho pensato che, la maggior parte delle volte in cui mi era stato detto “ti voglio bene”, questa espressione, indubbiamente in quel momento profondamente sentita e sincera, era come un riflesso di qualcosa che io avevo detto o fatto per l’altra persona.
Gesti o parole che l’avevano aiutata in un momento difficile, aiuti concreti, o magari dimostrazioni di profondo apprezzamento che l’avevano fatta sentire importante.
Ricordo persino che, più di una volta, e a volte anche in modo conscio, mi ero anche prodigata tantissimo nella speranza di sentirmi apprezzata e amata, e quel “ti voglio un mondo di bene” era stato un po’ come la ciliegina sulla torta, il mio meritatissimo premio!
Niente di più lontano dal vero “voler bene”, non trovi?
Spesso, senza accorgercene, che cosa stiamo dicendo davvero quando diciamo “ti voglio bene” a qualcuno?
- Che stiamo tanto bene con lei (magari in quel momento o in quella fase).
- Che le siamo immensamente grati per qualcosa.
- Che abbiamo bisogno di lei.
- Che la stimiamo tanto e la apprezziamo.
E tanto altro, probabilmente.
Ma una cosa che ho notato, almeno nell’osservare i miei passati “ti voglio bene” detti e ricevuti, è che molto spesso, se non quasi sempre, il “ti voglio bene” nasceva come diretta conseguenza di un’infinita gratitudine nei confronti dell’altro.
Per tutto quello che, volontariamente o anche inconsapevolmente, questa persona aveva fatto e stava facendo. E, in senso lato, anche solo con la sua presenza amorevole.
Meraviglioso sentimento quello della gratitudine, e altrettanto meraviglioso esprimerlo.
Ma, tornando indietro, io penso che, in realtà, molti “ti voglio bene” che ho pronunciato, o che mi sono stati detti, sarebbero stati più perfettamente corrispondenti alla realtà delle emozioni provate, se sostituiti per esempio da un sentito “ti sono davvero grato per tutto quello che hai fatto per me. Apprezzo veramente tanto l’aiuto che mi hai dato”.
O ancora “ti stimo moltissimo per questo tuo modo di essere o di fare”.
O “mi piace molto trascorrere del tempo con te”
A seconda di ciò che stiamo provando e pensando.
Io penso che invece il “voler bene” sia qualcosa di davvero molto più profondo, su cui valga la pena di soffermarsi nel momento in cui la si pensa o la si pronuncia.
Io lo vedo come una sorta di “impegno” che prendiamo con una persona, una tacita promessa di accogliere l’altro nella sua interezza, una “presa in carico” della persona nella sua totalità, inclusi quei lati che ci infastidiscono, che vanno contro le nostre regole consolidate, che ci sono scomodi o sgradevoli.
Significa esserci, per lei.
Sempre.
Per capirlo, mi sono fatta una domanda, che rivolgo anche a te: saresti disposto, o disposta, per quella persona a cui dici di voler bene, a sacrificare il tuo bene per il suo?
A continuare a volerle bene e ad augurarle tutto il bene possibile, dal profondo del tuo cuore, se anche quella persona dovesse non comprenderti fino in fondo o non ricambiare?
Per me non c’è differenza tra voler bene e amare.
Ti confesso, anzi, che, considerando quanto, nella nostra società, venga purtroppo frainteso e svilito il termine “ti amo”, rivolto per lo più a una persona con cui si fa o si vuole fare coppia, ho sempre considerato il “ti voglio bene” un’espressione d’Amore molto più incondizionata, profonda e soprattutto universale in quanto possiamo rivolgerla, se lo vogliamo, davvero a tutti.
Non un egoistico “ti desidero” o un “non posso vivere senza di te” ma un “desidero il tuo bene, desidero che tu sia felice”, una meravigliosa dichiarazione d’Amore in cui accogliamo, aprendo le nostre braccia e il nostro cuore, l’altra persona e ne riconosciamo il profondo valore.
Che non è legato a qualcosa di speciale che ha fatto per noi (altrimenti si tratterebbe di un amore condizionato e circoscritto a quella circostanza), non è legato a dei suoi aspetti piacevoli per noi, ma alla nostra libera e incondizionata scelta di completa apertura e accoglienza.
Se oggi ancora non ti senti pronto a quel “ti voglio bene”, ma desideri esprimere tutto il tuo apprezzamento per i preziosi doni che qualcuno ha voluto offrirti, personalmente ritengo un sentito “grazie” che viene dal cuore, molto più corrispondente alla realtà di ciò che provi.
Una frase a me molto cara è quella attribuita a Catullo: “Amami quando lo merito meno, perché è il momento in cui ne ho più bisogno”.
Ho imparato che “ti voglio bene” non è una frase da pronunciare sulla scia dell’emotività, non è l’emozione di un attimo, ma una promessa da rinnovare in ogni singolo momento, soprattutto in quei momenti in cui risulta più impegnativo anche solo ricordarla.
E quindi che differenza c’è tra “ti voglio bene” e “ti amo”?
Ne parliamo con Pamela.
La differenza tra ti voglio bene e ti amo
Di Pamela Bembi.
“Io voglio il tuo bene” e in questa volontà, metto in moto azione, intenzione, scelta che mi portano a dare e ad agire.
In passato credevo che cuore e mente facessero a pugni tra loro, credevo che il bene fosse un sentimento che si prova dopo esserne stati contagiati in maniera indiretta, a volte casuale, oppure scontato per pochi amici e familiari.
Ora so che l’azione mette in circolo il bene, che la mente regge il cuore, ed il cuore non ha più paura nel dire o fare un gesto che esprima “ti voglio bene” a chiunque, anche a me stessa.
Aaaah, spesso mi guardo allo specchio, mi sorrido, mi abbraccio e mi dico: Pamela, ti voglio bene! 😀
C’è solo un “perché ” e me lo chiedo spesso.
Perché fare differenza tra “ti voglio bene” e “ti amo”?
La nostra lingua, la nostra cultura, ci ha portati a realizzare che ti voglio bene possa essere per tanti, ma ti amo solo per pochi, perché? Quale differenza c’è tra amare e voler bene?
Di solito cambia l’intenzione, l’apertura e la fiducia, l’attenzione ed il tempo. Così so che ad una persona che voglio bene posso dedicare qualche minuto se le va bene, ma a chi amo delle ore intere …ha senso?
Il sole scalda dappertutto, non sceglie chi o cosa scaldare o illuminare.
Così oggi, seppure scelgo di usare ti voglio bene, porto il sole con me e non mi importa se uso la parola bene o amore, in ogni caso è l’intenzione che metto a fare la differenza.
Però!
Sarebbe bello in un modo trasversale di vivere il mondo, entrare in ufficio e dire “ti amo” ai propri colleghi o “ti amo” alla ragazza del panificio, alla signora anziana che attende il mio buongiorno quando passo davanti casa sua mentre mi dirigo per andare al lavoro, a chiunque ho la gioia di incontrare, senza essere presa per pazza 🙂
Ti voglio bene!
Lo dico a te che leggi, perché voler bene è il gesto più bello che si possa fare, a chiunque.
Ma c’è anche chi la pensa in modo diverso…
Dare per avere o dare e avere?
Di Serena Sironi.
Le persone fanno fatica a dire “ti amo”, meno a dire “ti voglio bene”. Alla maggior parte di loro sembrano due cose diverse e in questo fa tanto l’idea comune del significato della parola “amare”.
Io credo questo: scegliere di agire per contribuire a rendere migliore l’esistenza di “ciò che ami”, senza chiedere nulla in cambio. “Ciò che ami” può essere tutto, qualsiasi cosa, animale, persona.
Nello specifico, poi, se parliamo di persone potremmo anche dire: dare tu agli altri ciò che gradisci, quello che ti piacerebbe ricevere, sempre senza chiedere nulla in cambio.
Anche in questo caso “ciò che gradisci” è inteso in senso lato, ma soprattutto mi riferisco ad azioni.
Cosa vogliamo ricevere di solito? Comprensione, aiuto, perdono, fiducia, ascolto, disponibilità, rispetto e via dicendo.
In sostanza parliamo sempre di un’azione di dono che non si aspetta nulla in cambio.
Parliamo di amore incondizionato.
“Amare” è qualcosa di grande e illimitato, può essere rivolto a tutto e tutti, può essere ricambiato o portarci alla felicità anche solo per il riflesso di ciò che noi diamo.
Ma nella nostra azione di amare, l’altro potrebbe non aprirsi o essere inanimato: un oggetto.
“Ti voglio bene” va un po’ oltre.
Ti voglio bene dà e riceve in forma incondizionata.
Ti voglio bene non pretende nulla in cambio, non ama per convenienza, ma restituisce amore condiviso. E in quel modo, dona e contribuisce per condividere a sua volta.
Quello che cambia è una preposizione: “dare per ricevere” o “dare e ricevere”
Se ci penso, io a chi posso dire “ti voglio bene”?
Ai miei genitori, ai miei fratelli, a qualche amico, non molti in verità.
A Dio.
Ma se potessi dirlo a tutti sarebbe perché tutti condividerebbero il loro amore.
Tutti disposti ad aprire il proprio cuore, vincendo egoismo e paura.
Perché ogni slancio d’amore possa davvero contribuire a migliorare la tua vita, perché tu ne possa migliorare un’altra e l’altro un’altra ancora, in una catena di infinito amore.
Ti immagini che spettacolo di mondo che ne uscirebbe?
Un mondo che contribuisce a rendere migliore il mondo.
E amare, ricordati sempre, rende felici.
Impara a condividere quello che hai.
Dona quello che puoi e migliora chi trovi sul tuo cammino.
Condividi ciò che sai, la tua gioia e il tuo entusiasmo, dedica del tempo, metti a disposizione la capacità di comprendere che ti appartiene, offri il tuo aiuto, partecipa alla crescita degli altri, dona un consiglio.
Ma condividi per migliorare, ricordalo.
Dare e avere, non dare per avere.
Offri a tutti la possibilità di dirti “ti voglio bene”.
Interessante come punto di vista?
Io personalmente… quel che penso lo dico alla fine, prima voglio ricordarti che tu dovresti essere la prima persona a cui dire “ti voglio bene”.
Volersi bene è il primo passo per volerlo agli altri
Di Alessandra Barigazzi.
Credo che sia molto facile e molto comune, che le persone odino se stesse. Il perché, non stiamo ad analizzarlo qui, non è il luogo.
Quello che ti voglio suggerire, è un percorso per uscirne.
Per questo ti propongo di iniziare subito a fare tre esercizi.
Ricordati di farli più volte durante la giornata, in modo che diventino un abito mentale.
Il primo (da fare alla mattina, appena alzato): guardati allo specchio.
Osservati attentamente, nei dettagli.
Non smettere fino a quando non hai trovato tre parti del tuo corpo (viso compreso) che trovi belle.
Poi scrivi cosa hai trovato di bello in te e alla sera, prima di coricarti, rileggi ciò che hai scritto.
Secondo (da fare ogni ora, magari puntando la sveglia nel telefono): fermati un attimo ad osservare quanto hai intorno e trova qualcosa di positivo.
Esplicita il motivo per cui lo trovi positivo.
Se hai tempo e modo per farlo (non se sei alla guida, ad esempio) appuntati, scrivendola, la cosa positiva e perché la trovi tale.
Terzo (da fare ogni volta che pensi di aver fatto un errore): quando fai qualcosa di sbagliato (qualcosa che non ti riesce bene, qualcosa che ha effetti negativi su te o su altri, una reazione sbagliata come perdere la pazienza, ecc…) soffermati a cercare il motivo per cui l’hai fatto.
Scoprirai che parti sempre dalla ricerca di un bene, di un miglioramento, per te o per altri.
Mi raccomando, non smettere di pensarci fino a quando non troverai il motivo “buono” per cui hai fatto quella cosa sbagliata.
Quando trovi il motivo buono, chiediti come avresti potuto ottenere quel risultato senza fare del male a te o agli altri. Appena possibile, appuntati l’esito delle tue ricerche e considerazioni.
Fai questi esercizi e inizierai ad incamminarti sulla via dell’amore.
A partire da te.
Perché tu sei la persona più importante (per te) e non puoi offrire ad altri nulla che tu non abbia già.
Mi raccomando, sono esercizi semplici, ma non per questo poco efficaci: prova.
E ora la parola a Francesco, per non tenere quel “ti voglio bene” chiuso dentro ma esprimerlo davvero.
Come non fermarsi al TVB
Di Francesco Chioda.
Come si esprime un “Ti voglio bene”?
Penso che ci siano infiniti modi per esprimere un TVB.
Mi piace molto al bar essere servito al tavolo per poi riportare la tazzina al bancone.
Non lo faccio perché penso possa far piacere alla barista, ma perché fa piacere a me condividere la sensazione di quel gesto.
Ascoltare clienti innervositi cercando di trasmettergli tranquillità, fare sinceri complimenti, apprezzare il lavoro altrui, dare la mia disponibilità a chi ne ha bisogno, sono tutti modi con cui posso donare all’altro un TVB.
Un TVB è qualcosa che ho ben chiaro dentro di me, si tratta di una “valore” che già possiedo e che posso condividere in un particolare momento.
Quando esprimo un TVB è come se lucidassi per bene quella sensazione che sento e che mi preparo a donare. Il TVB è diretto verso l’esterno, ma mi permette di “sentire” dentro di me con maggior gusto quello che provo.
Fare dei TVB è un buon allenamento per poter dire “ti voglio bene”.
Pronunciare le fatidiche parole è molto più significativo, il messaggio è diretto, leggero ed intenso allo stesso tempo ed in quel momento il tempo (almeno un po’….) si ferma.
Mi piacerebbe che tutti fossimo più abituati a dire “ti voglio bene”, mi piacerebbe vedere in televisione ogni giorno uno spot-progresso recitare: “dite ti voglio bene ai vostri cari, sentitevi liberi di dirlo perché non c’è nulla di male”.
Tempo fa avevo un problema di abbracci in famiglia perché l’abbraccio è da sempre censurato dai miei cari.
Penso che potrei abbracciare senza problemi uno sconosciuto, ma abbracciare uno dei miei familiari non mi veniva spontaneo. Il pensiero era sempre lo stesso: cosa penseranno?
Ho voluto creare l’occasione di sfatare questo tabù inventandomi la giornata mondiale dell’abbraccio.
Mi sono presentato a casa dei miei e con la scusa di onorare la giornata ho chiesto un abbraccio tutti i presenti. C’è stato un po’ di scetticismo e qualche sorriso sospettoso, ma tutto è filato liscio.
Il giorno successivo mi ripresento e dico che hanno prolungato la giornata mondiale degli abbracci ?
Ci siamo messi tutti a ridere e ci siamo abbracciati di nuovo.
Penso di fare tanti TVB ogni giorno, ma vorrei anche sentirmi più leggero nel dire “ti voglio bene” tutte le volte che lo desidero.
Solo se sono sicuro di quello che sento, posso cogliere ogni occasione per dirlo senza sentirmi condizionato dal come viene ricevuto, interpretato o accettato.
Un TVB non ha bisogno dell’approvazione altrui!
Concordo pienamente con Francesco.
Alla fine io penso che dire “ti amo” o “ti voglio bene” sia nella sostanza la stessa cosa: amore.
In entrambi i casi l’intenzione è quella di esprimere, poiché lo provi, quell’amore nei confronti di una persona.
La nostra cultura, poi, ci dice quali parole usare e con chi.
Ma se quel “ti voglio bene” serve a fare due pesi e due misure, a indicare che alcune persone le amiamo di meno di altre (quelle a cui poi riserviamo un “ti amo”) allora significa che non abbiamo ancora capito cosa significhi amare.
Per questo, concludendo questa pagina, ti suggerisco prima di tutto di scoprire la differenza tra innamoramento e amore, altrimenti quel “ti amo” sarà sempre ostaggio della coppia e leggere anche la pagina che ho dedicato proprio all’amore.
Capirai che finiamo per dire di voler bene a chi desideriamo solo mangiare… leggila e capirai 😉
A sì, anche io ti voglio bene 🙂
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